Il vento autoritario che spira da alcuni anni in questo paese e che sta riducendo sempre più gli spazi di libertà e democrazia sta investendo il mondo del lavoro come mai era accaduto dal dopoguerra ad oggi, cioè da quando, battuto il fascismo, si costruì con fatica e non senza contraddizioni l’attuale Costituzione.
Una Costituzione che scontava una serie di limiti e di condizionamenti interni ed esterni all’Italia di quegli anni, ma che nel complesso rappresentava comunque una base sulla quale costruire nuovi rapporti sociali e nuove categorie di valori rispetto al buio degli anni precedenti. Una costituzione che in alcuni passaggi importanti non è mai stata attuata ed in altri ha subito interpretazioni che con gli anni hanno sempre più ridotto diritti e valori.
Nonostante tutto ciò questa Costituzione ha sino ad oggi rappresentato una barriera per coloro che, attraverso il liberismo e il capitalismo più sfrenati, la globalizzazione della finanza e dell’economia, hanno tentato ripetutamente di trasformare in senso negativo non soltanto i rapporti sociali, ma anche la struttura dello stato e delle istituzioni nate dalla resistenza al fascismo.
Un nuovo fascismo è avanzato con forza, quello delle banche, della finanza creativa, del “modello democratico” da esportare con le armi e con la guerra, quello che ha ridotto i diritti dei lavoratori, le loro condizioni di vita e il loro potere di acquisto.
Oggi, il governo Renzi tenta anche di modificare la struttura istituzionale della Costituzione e trasformare questo paese in una appendice operativa di decisioni prese dalla BCE, dall’Unione Europea e dai grandi potentati economici e finanziari internazionali.
A tutto ciò un sindacato come USB non può essere estraneo perché se è vero che nei posti di lavoro, anche grazie a Cgil, Cisl e Uil, di libertà e di democrazia ne sono rimaste veramente solo flebili tracce, è anche vero che se si abbandona la difesa generale della possibilità costituzionale di decidere attraverso strumenti democratici, allora anche sul lavoro si abbatteranno repressione ed autoritarismo in forme ancor più pesanti.
Il Coordinamento per la democrazia costituzionale, di cui l’USB è membro, ha in questi anni portato avanti le campagne contro le modifiche costituzionali prescritte all’Italia da Draghi e Trichet nella lettera del 5 agosto 2011 e dal Fiscal Compact del marzo 2012: dall’introduzione del pareggio di bilancio alla revisione della seconda Parte della Costituzione.
Ciò che non sono riusciti a realizzare i governi Berlusconi, Monti e Letta, sta invece riuscendo a compiere il governo Renzi che ormai sta in dirittura d’arrivo con la sua modifica del bicameralismo, della forma di governo e della forma di Stato.
Il governo Renzi attua le direttive che vengono dall’UE che, insieme alle politiche di austerità, ha chiesto l’attuazione delle cosiddette riforme strutturali relative ai processi decisionali delle istituzioni pubbliche, le privatizzazioni dei servizi pubblici e la flessibilizzazione dei rapporti di lavoro.
Il Coordinamento per la democrazia costituzionale ha deciso di dar vita al Comitato per il No al referendum che si terrà nel prossimo autunno sulla ‘riforma’ del bicameralismo. La modifica del bicameralismo prevista dalle modifiche alla costituzione che saranno sottoposte a Referendum nel prossimo ottobre, collegate alla legge elettorale Italicum rafforzerebbero i poteri del governo centrale e così un partito con il 25-30% dei voti potrà governare rafforzando enormemente il ruolo del ‘capo’ del governo, che sarà anche il capo del partito e che conseguentemente avrà scelto i parlamentari grazie alle disposizioni dell’Italicum, la “nuova” e perversa legge elettorale.
Si instaurerebbe così il ‘governo del primo ministro’, un ‘premierato assoluto’: la democrazia rappresentativa prevista dalla Carta repubblicana del 1948 sarebbe cancellata e ritornerebbe in vita il ‘regime del capo di governo’.
Con le modifiche Boschi-Renzi il governo sarà libero di agire e di imporre le sue decisioni senza alcun vincolo.
La demolizione della Costituzione si completa con la cancellazione dell’articolo– l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro – grazie alla completa destrutturazione dell’intero campo del diritto del lavoro interamente riscritto con il jobs-act, con i decreti legislativi varati dal governo Renzi, che hanno al centro l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto del 1970 e la liberalizzazione dei contratti di lavoro, spostati nel loro centro di gravità nel secondo livello. Il tutto accompagnato dagli accordi del 10 gennaio 2014 sulla rappresentanza e oggi dall’attacco al diritto di sciopero.
Per queste ragioni l’Unione Sindacale di Base si impegna a sostenere il No alla legge Boschi-Renzi partecipando con i suoi militanti alla campagna referendaria e invitando le lavoratrici ed i lavoratori a difendere tutti gli spazi democratici ancora esistenti in questo paese.
Documento approvato all’unanimità dal Coordinamento nazionale confederale USB il 6 febbraio 2016