Per il CDC, a Brescia «prove tecniche di criminalizzazione del dissenso»

Poco dopo le 8 del mattino del 13 gennaio scorso, a Brescia, si è tenuto un presidio nonviolento promosso da Extinction Rebellion davanti all’ingresso dell’industria bellica Leoanardo, contro la Spa, accusata di fornire armi usate da Israele nella strage dei palestinesi. La reazione della polizia non si è fatta attendere e è stata particolarmente dura, come le cronache di quei giorni non hanno mancato di sottolineare: 23 attivisti sono stati tenuti in questura diverse ore per l’identificazione. In un video pubblicato sui social da Extintion Rebellion Italia, contestato dalla questura di Brescia, un’attivista ha riferito di essere stata costretta a spogliarsi, a togliersi le mutande e fare piegamenti sulle gambe. Trattamento non riservato, sempre secondo la testimonianza video, agli attivisti maschi.

Con una nota del 18 gennaio scorso, il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale (CDC) nazionale e il suo Comitato locale di Brescia hanno denunciato le «prove tecniche di criminalizzazione del dissenso e del conflitto» e hanno espresso «solidarietà alle esponenti e agli esponenti di Extinction Rebellion Italia, Ultima generazione e Palestina libera» che «hanno subito forme di repressione inaccettabili». Tra queste, scrive il CDC, il trattenimento prolungato e ingiustificato in questura, le «ispezioni corporali tanto umilianti quanto immotivate» denunciate dalle attiviste e la contestazione di reati «spropositati rispetto alle condotte tenute».

La protesta può piacere o meno, ma è «evidente il carattere pacifico» dell’iniziativa, spiega il CDC lanciando l’allarme: in gioco c’è la difesa del «diritto costituzionale dei manifestanti a protestare ed esprimere opinioni critiche».

È ora necessario «acclarare i fatti, condannare fermamente gli atti lesivi della dignità delle persone che hanno manifestato le loro opinioni, adottare sanzioni verso i responsabili di comportamenti contrari alla Costituzione e alle sue garanzie», chiede il CDC. «L’accanimento persecutorio contro pacifiche manifestazioni, i reiterati provvedimenti repressivi e lesivi di libertà e diritti costituzionalmente garantiti, l’intenzione del Governo e della maggioranza parlamentare delle destre di introdurre “scudi protettivi” a garanzia dell’impunità dell’operato di appartenenti alle forze dell’ordine che avessero commesso reati, non sono consoni a uno Stato di diritto. Questo inaccettabile episodio di repressione ha evidenti collegamenti con il tentativo in corso di approvare nuove leggi che moltiplicano i reati e le pene di quanti vogliono esprimere liberamente la loro opinione e il loro dissenso. L’esercizio della forza a garanzia della sicurezza può essere giustificato solo in un quadro di rispetto della Costituzione e delle persone».