I crimini di Netanyahu e l’ipocrisia dell’Occidente
Di fronte all’incriminazione di Netanyahu, crolla quel muro di opacità con il quale i leader dei principali Paesi dell’Occidente hanno cercato fin qui di mascherare l’oscenità del martirio di un’intera popolazione perseguito con accanimento da Israele nella convinzione della sua più totale impunità.
Domenico Gallo 23.5.2024
Dopo un lungo silenzio durante il quale è sorto il dubbio sull’esistenza stessa del diritto internazionale e sull’utilità di una giurisdizione concepita per contrastare i crimini che offendono la coscienza morale dell’umanità, finalmente la Corte penale internazionale ha battuto un colpo. Il 20 maggio l’ufficio della Procura ha reso nota la richiesta di emissione di un mandato di cattura per tre leader di Hamas (per i fatti del 7 ottobre) e per due dei massimi dirigenti politici di Israele, il primo ministro Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant.
Non è stato un percorso facile a causa delle intimidazioni che sono state esercitate dagli “amici” di Israele, che hanno costretto il procuratore, l’inglese Karim Khan, a mandare questo inusuale avvertimento: “Tutti i tentativi di ostacolare, intimidire o influenzare impropriamente i funzionari di questa Corte devono cessare immediatamente. Il mio Ufficio non esiterà ad agire ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma se tale condotta dovesse continuare”. La procura ha chiesto il mandato di cattura per Netanyahu e Gallant contestando sia crimini di guerra, sia crimini contro l’umanità. L’atto di accusa evidenzia che le prove raccolte “dimostrano che Israele ha intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile in tutte le zone di Gaza di beni indispensabili alla sopravvivenza umana. Ciò è avvenuto attraverso l’imposizione di un assedio totale su Gaza che ha comportato la chiusura completa dei tre valichi di frontiera, Rafah, Kerem Shalom ed Erez, a partire dall’8 ottobre 2023 per periodi prolungati e poi limitando arbitrariamente il trasferimento di rifornimenti essenziali – compresi cibo e medicine – attraverso i valichi di frontiera dopo la loro riapertura. L’assedio ha incluso anche l’interruzione delle condutture idriche transfrontaliere da Israele a Gaza – la principale fonte di acqua potabile per i gazawi – per un periodo prolungato a partire dal 9 ottobre 2023, e l’interruzione e l’impedimento delle forniture di elettricità almeno dall’8 ottobre 2023 fino a oggi. Ciò è avvenuto insieme ad altri attacchi contro i civili, compresi quelli che facevano la fila per il cibo; all’ostruzione della consegna degli aiuti da parte delle agenzie umanitarie; agli attacchi e alle uccisioni di operatori umanitari, che hanno costretto molte agenzie a cessare o limitare le loro operazioni a Gaza. (…) Questi atti sono stati commessi come parte di un piano comune per usare la fame come metodo di guerra e altri atti di violenza contro la popolazione civile di Gaza come mezzo per (…) punire collettivamente la popolazione civile di Gaza, percepita come una minaccia per Israele. Gli effetti dell’uso della fame come metodo di guerra, insieme ad altri attacchi e punizioni collettive contro la popolazione civile di Gaza, sono acuti, visibili e ampiamente noti (…) Tra questi, la malnutrizione, la disidratazione, le profonde sofferenze e il crescente numero di morti tra la popolazione palestinese, tra cui neonati, altri bambini e donne”. Israele, come tutti gli Stati, ha il diritto di agire per difendere la propria popolazione, ma, quali che siano gli obiettivi militari, conclude il Procuratore “i mezzi scelti da Israele – ovvero causare intenzionalmente morte, fame, grandi sofferenze e gravi lesioni al corpo o alla salute della popolazione civile – sono criminali.”
Di fronte a quest’incriminazione crolla quel muro di opacità con il quale i leader dei principali Paesi dell’Occidente hanno cercato fin qui di mascherare l’oscenità del martirio di un’intera popolazione perseguito con accanimento da Israele nella convinzione della sua più totale impunità. Abbiamo bombardato di sanzioni la Russia, rivendicando un ordine internazionale “fondato sulle regole”, mentre siamo rimasti muti e impassibili quando Israele violava tutte le regole del diritto. Come dimenticare la falange di scudi sollevata dalla politica, dai principali organi di stampa e dai loro opinion’s leader, per nascondere all’opinione pubblica l’orrore che si stava consumando sull’altra sponda del Mediterraneo? Come dimenticare l’abbraccio della Meloni a Netanyahu il 21 ottobre scorso, e il suo incondizionato sostegno per l’operazione “spade di ferro”, pur avendo il premier israeliano fatto esplicito riferimento allo sterminio degli Amaleciti di cui racconta la Bibbia? Il mandato di arresto per Netanyahu e Gallant spiazza tutti i governi europei che, come quello italiano, hanno coperto i crimini di Israele e hanno cercato di silenziare tutte le proteste coi manganelli. Ora non c’è più tempo da perdere, le indagini della Corte penale internazionale illuminano quello che la politica non ha voluto vedere. Se non vogliamo diventare complici, dobbiamo agire per il cessate il fuoco immediato e il ritiro delle milizie israeliane dalla Striscia di Gaza.
(articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano del 22 maggio 2024 con il titolo L’Aja smaschera Israele, adesso cessate il fuoco)