Sorpresa su Linkedin, il Senato stronca la riforma dell’Autonomia: “Rischio disuguaglianze in aumento”
Articolo di di Conchita Sannino per Repubblica.it del 16 maggio
Proprio al percorso avviato a Palazzo Madama serve l’analisi tecnica dell’Ufficio Bilancio, pubblicata oggi su Linkedin con un post che non può passare inosservato. Forti le ” criticità” rilevate. Titolo eloquente: “Il costo dell’#autonomia differenziata”.
“La #Costituzione italiana, al terzo comma dell’articolo 116, prevede “forme e condizioni particolari di autonomia” per le regioni a statuto ordinario – premette la nota del Senato – Il disegno di legge A.S. 615, presentato il 23 marzo dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, definisce i princìpi generali per l’attuazione di questa autonomia differenziata”. Qui scatta una domanda , evidentemente retorica: “Ma sarà possibile realizzarla senza aggravio per le casse dello Stato e continuando ad assicurare i Livelli Essenziali delle Prestazioni (#LEP), che costituiscono il nucleo invalicabile di quei #diritti civili e sociali, previsti dalla Costituzione, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, in modo da erogare a tutti i cittadini i servizi fondamentali, dalla #sanità all’#istruzione?”.
L’allarme nasce, com’è ovvio, da un’attenta analisi del testo Calderoli e soprattutto dall’asettica valutazione sulle sue ricadute. Continua infatti la nota: “Il Servizio del Bilancio del Senato ha passato al setaccio il disegno di legge, rilevando alcune criticità. Nel caso, ad esempio, del trasferimento alle regioni di un consistente numero di funzioni oggi svolte dallo Stato (e delle relative risorse umane, strumentali e finanziarie), ci sarebbe una forte crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, col rischio di non riuscire a conservare i livelli essenziali delle prestazioni presso le regioni non differenziate”.
Si tratta di riflessioni che già costituzionalisti ed economisti e anche gli analisti di Svimez hanno sollevato per tempo, sempre respinte dal ministro Calderoli e dal governo. Ora anche il Senato spiega: “Le regioni più povere, oppure quelle con bassi livelli di tributi erariali maturati nel proprio territorio, potrebbero avere maggiori difficoltà a finanziare, e dunque ad acquisire, le funzioni aggiuntive. E il trasferimento delle nuove funzioni amministrative a comuni, province e città metropolitane da parte delle regioni differenziate potrebbe far venir meno il conseguimento di economie di scala, dovuto alla presenza dei costi fissi indivisibili legati all’erogazione dei servizi la cui incidenza aumenta al diminuire della popolazione”.
Un’analisi che entrerà nel dibattito. Mentre governo e ministro continuano a considerare “infondate” le preoccupazioni. “Evidentemente le forti critiche che abbiamo rivolto al governo sul disegno di legge sull’autonomia differenziata sono fondate. Come conferma un organismo super partes come il Servizio del Bilancio del Senato, il rischio concreto è la creazione di disuguaglianze evidenti tra regioni. Per questo ci opporremo con forza perché stiamo parlando di servizi fondamentali come sanità e istruzione che devono essere assicurati a tutti i cittadini”, commenta Anna Rossomando, vicepresidente pd del Senato.
Va ricordato inoltre che già l’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb) aveva mosso rilievi, anche negli ultimi tempi, su un disegno di Autonomia che provocherebbe un drastico peggioramento degli squilibri. Non a caso ha raccolto già oltre 65mila firme la proposta di legge di iniziativa popolare organizzata dal Coordinamento per la democrazia costituzionale, presieduto dal professore Massimo Villone (già docente alla Federico II di Napoli), che vuole contrastare gli effetti della riforma del titolo V della Costituzione e “preservare l’unità del Paese”. A firmare anche l’ex presidente dell’Upb, l’economista Giuseppe Pisauro. Il quale, in un suo recente intervento su Nens.it, in cui contrastava il disegno Calderoli aveva specificato che “non è solo questione di equità o di Lep”.
“Le richieste delle tre regioni (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, ndr) sono talmente numerose e pervasive da produrre una frammentazione inaccettabile delle politiche pubbliche – ha scritto l’economista – Lasciando da parte il tema della richiesta più importante (l’istruzione) che rappresenta il pericolo più grave e meriterebbe una trattazione separata, per fare alcuni esempi, quali conseguenze avrebbe la competenza legislativa regionale nella materia delle “grandi reti nazionali di trasporto e di navigazione” o nella “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”? Materie per le quali sarebbe da interrogarsi, semmai, sull’adeguatezza della dimensione nazionale”.