Repubblica.it del 24 aprile

“No all’autonomia differenziata del governo”. La proposta di legge di iniziativa popolare contro ddl Calderoli

di Gabriele Bartoloni

Il Coordinamento per la democrazia costituzionale scende in campo per opporsi al disegno di legge del ministro leghista

No all’autonomia differenziata immaginata dal governo. Anzi, rafforzare il ruolo dello Stato con l’obiettivo di “consolidare l’unità del paese”. Dopo la campagna contro il referendum del 2016 e quella contro il taglio dei parlamentari, il Coordinamento per la democrazia costituzionale scende in campo per opporsi al disegno di legge sull’autonomia differenziata del ministro Roberto Calderoli. Lo fa attraverso una proposta di legge di iniziativa popolare, che punta a ribaltare gli effetti della riforma del titolo V approvata nel 2001. La stessa su cui si è appoggiato il governo per mettere nero su bianco il progetto autonomista e che – sostengono in promotori – a causa del ddl Calderoli non farebbe altro che acuire le “intollerabili disuguaglianze fra le varie parti del paese”.

L’obiettivo della proposta

Il fulcro della proposta è la modifica dell’articolo 117 della Costituzione. Qui il testo chiede che venga inserita “una clausola di supremazia della legge statale finalizzata alla tutela dell’interesse nazionale e dell’unità giuridica ed economica della Repubblica”. Non viene cancellata la possibilità da parte delle regioni di richiedere una qualche forma di autonomia, ma quest’ultima viene fortemente limitata. “L’obiettivo della modifica proposta – si legge –  è consentire una limitata e giustificata variabilità dell’autonomia regionale, espungendo però gli elementi che la rendono potenzialmente pericolosa per l’unità del paese”.

Come? Innanzitutto prevedendo che qualsiasi modifica nel rapporto tra Stato e Regioni passi per una verifica della “specificità del territorio” interessato. Ma soprattutto riportando “alla potestà esclusiva” dello Stato materie come “la sanità ed in specie il servizio sanitario nazionale, la scuola e l’istruzione a tutti i livelli, il lavoro e la previdenza, le infrastrutture materiali e immateriali di rilievo nazionale e di valenza strategica”. Non solo: qualsiasi trasferimento di competenza dovrà essere approvato dal Parlamento tramite una legge da sottoporre eventualmente a referendum popolare. Un punto, questo, in aperta contrapposizione al ddl voluto dal governo. Il quale, grazie ad un emendamento inserito in legge di bilancio, ha escluso Camera e Senato dalla definizione dei Lep (livelli essenziali di assistenza). La proposta, al contrario, punta a restituire al Parlamento l’ultima parola sui Lep, considerati essenziali affinché la riforma non finisca per acuire le disuguaglianze tra regioni.

L’obiettivo, ora, è fare in modo che la legge venga sottoscritta da almeno 50 mila elettori, il minimo affinché una proposta di iniziativa popolare possa arrivare in parlamento ed essere discussa. I tempi si preannunciano lunghi. Oltre a raccogliere le sottoscrizioni, una volta in Parlamento, il testo dovrà attraversare un lungo iter di approvazione ed ottenere l’ok prima ancora che venga dato il via libera al ddl Calderoli. Un obiettivo lontano, vista la smania con cui si muove l’esecutivo e i tempi biblici con cui spesso si scontrano le leggi ordinarie.