Più si avvicina il 25 settembre più è evidente il paradosso che i partiti continuano ad ignorare la pessima legge elettorale in vigore, quasi si votasse con un sistema proporzionale, nel quale ciascuno si presenta, per raccogliere consensi, con le sue posizioni e proposte.
Non è così. La legge elettorale in vigore (Rosatellum) prevede che un terzo dei deputati e dei senatori vengano eletti in collegi uninominali maggioritari e insieme privilegia le coalizioni di partiti, le quali – per esistere ai fini elettorali – hanno bisogno solo di dichiararsi tali (come hanno fatto le destre, sancendo un patto di potere evidente a tutti), infine lega indissolubilmente maggioritario e proporzionale con il voto unico.
La legge elettorale che divide
Eppure perfino le destre, date dai sondaggi in vantaggio il 25 settembre, hanno una grande agitazione interna che accentua le differenze tra i partiti che compongono lo schieramento. Con differenze tanto significative da doverle compensare con continue rassicurazioni dei leaders sulla loro unità, senza però riuscire a nascondere la concorrenza interna tra i diversi partiti.
La divisione tra i partiti è ancora più evidente nello schieramento non di destra, che definisco così perché tutte le definizioni conosciute sono inapplicabili.
Pesa certamente l’errore strategico iniziale che ha portato il Pd a rinunciare a costruire il “campo largo” comprendente il Movimento 5 Stelle con la motivazione della crisi del governo Draghi, che è diventata realtà quando Forza Italia e la Lega si sono ricongiunti sulla stessa linea di Fratelli d’Italia e cioè per elezioni anticipate.
Rinunciando a costruire il campo largo ora il Movimento 5 Stelle procede da solo, ma anche il tentativo di tenere stretti tutti gli altri si è dimostrato fragile quando Calenda ha stracciato l’intesa già raggiunta con il PD, per non parlare di Unione popolare e varie di sinistra. Rinunciare a presentarsi uniti è stato il segnale del liberi tutti, con varie gradazioni.
Difesa della Costituzione
E’ curioso che dopo avere scartato la richiesta venuta da tante parti, compreso l’appello per una coalizione di emergenza che chiedeva di realizzare almeno un accordo per candidature concordate contro le destre nei collegi uninominali, fondandolo sull’attuazione e la difesa della Costituzione, per bloccare il cappotto che le destre potrebbero realizzare il 25 settembre, stante la pessima legge elettorale in vigore. Legge elettorale che non si è voluto, né saputo cambiare per tempo, malgrado ripetuti pericoli di elezioni anticipate e malgrado le corali sollecitazioni ricevute. Dichiarare ora che questa è la peggiore legge elettorale è una foglia di fico tardiva e auto assolutoria.
E’ tardiva, perfino inutile la denuncia del Pd di fronte all’avvicinarsi il pericolo del cappotto delle destre nell’uninominale che possano così arrivare alla soglia percentuale che consentirebbe loro di cambiare la Costituzione senza neppure la possibilità di effettuare il referendum popolare sulle modifiche. Tutto detto e scritto molto tempo prima ma inascoltato. Questo ora è solo un argomento propagandistico per fare confluire voti sui candidati uninominali di Pd ed alleati ma che finirà con l’approfondire le differenze tra i partiti accrescendo i rancori e rendendo le distanze ancora più incolmabili. L’esperienza elettorale negativa del 2008 dice che quando scavi solchi poi ne paghi le conseguenze che durano nel tempo.
Si vedrà se questo appello riuscirà a portare al cosiddetto voto utile. C’è ragione di dubitarne perché è proprio questo l’argomento che è stato rifiutato per arrivare ad una convergenza aperta a tutti quelli che non stanno con le destre nell’uninominale. Riesumarlo ora è francamente tardi ed è impossibile realizzarlo senza ledere il risultato elettorale delle altre liste che si sono presentate, che ovviamente si difendono. Infatti se ci fosse stato l’accordo di tutti non ci sarebbero stati problemi perché l’elettore in forza di questa legge può esprimere un voto solo per la Camera e uno solo per il Senato. Sia che l’elettore voti la lista preferita, sia che voti per l’uninominale, il suo voto andrà comunque a favore di tutti senza alterare i rapporti di forza. Classica situazione win/win. Eppure questa semplice verità l’ha capita la destra ma non chi di destra non è.
Se invece all’uninominale ci sono più liste concorrenti, come è ora, è inevitabile che ciascuno cerchi di difendere le sue ragioni e il suo potenziale risultato elettorale nel proporzionale, perché se l’elettore vota per l’uninominale automaticamente vota per una lista proporzionale ricompresa tra chi sostiene la candidature uninominale.
Il 25 settembre sarà più dura che nel 2008
Questa è la ragione che porta a pensare che il voto utile il 25 settembre sarà molto più difficile che nel 2008, quando anche Veltroni lo invocò pesantemente con il risultato che prosciugò la altre liste di sinistra ma perse comunque dal centro destra con un distacco di circa 100 deputati e 50 senatori. Non solo perché questa esperienza c’è già stata, ma soprattutto perché questa volta i partiti che si sono presentati separatamente stanno difendendo la loro possibilità stessa di esistere e la scelta di giocare pesantemente la carta del voto utile rischia di esacerbare ulteriormente le distanze tra soggetti politici che dopo le elezioni dovrebbero invece cercare un terreno di incontro tra loro, sgomberando le macerie.
E’ importante che prima di prendere iniziative poco produttive se non dannose, si rifletta sul danno strategico che si rischia di fare, ben oltre la stessa scadenza elettorale, di fronte alla palese intenzione delle destre di mettere le mani sulla Costituzione (Presidenzialismo, manomettere l’autonomia della magistratura, autonomia regionale differenziata che mina l’unità nazionale) e all’enormità dei problemi sociali da affrontare a causa della crisi energetica ed ambientale.
Un esempio: riaprire ora a uno scostamento di bilancio per affrontare l’aggravamento della crisi e delle condizioni sociali è una ragione in più per riflettere sull’errore di una rottura dopo la crisi del Governo Draghi, che aveva posto il caposaldo di non fare scostamenti di bilancio. Eppure chi ne invoca il ritorno oggi è il primo a smentirlo. Il 26 settembre si faranno le valutazioni sul voto e sulle scelte politiche errate, sui gravi errori compiuti, probabilmente regalando una vittoria non scontata alle destre. Tuttavia si dovrà trovare la forza per dare voce al paese reale, ai suoi drammi, costruendo risposte che non potranno limitarsi a contemplare le ferite ma dovranno costruire un ampio e unitario movimento di lotta per evitare il collasso dell’Italia.
Ma dopo il voto non si può essere ancora divisi
Questo è un compito che non riguarda solo i partiti ma tutta la società, le sue associazioni e rappresentanze, usando tutti gli strumenti democratici a disposizione, per costruire una risposta sociale e corale alle prevedibili iniziative della destra. Un compito difficile, non scontato, ma questo è evidentemente l’unico modo per superare errori politici che avranno effetti per lungo tempo superando la critica distruttiva, individuando terreni fondamentali di iniziativa ripartendo dalla società. E’ già stato così in passato dopo sconfitte politiche storiche, si può fare ancora, nella consapevolezza che è indispensabile una ricostruzione critica della società, dell’economia, dei diritti per riuscire a contrastare le scelte delle destre.
La Costituzione può e deve essere ancora l’ispirazione fondamentale, per difendere e attuare diritti.