Che cosa ha rappresentato veramente Mikhail Gorbaciov per la sinistra italiana e mondiale?
Crollo del Muro di Berlino, Piazza Tienanmen, destituzione di Gorbaciov e fine dell’Urss: tutto in due anni e mezzo. Cosa sono stati e come ha vissuto quegli anni cruciali Paola Patuelli?
“Anche di questo, di Tienanmen, ho ripercorso e ripensato i passaggi e i significati. Giovani cinesi, nella speranza che la perestroika arrivasse anche in Cina, manifestarono per la libertà. In questo caso la mia simpatia per loro aveva basi storiche assai deboli. Una minoranza di giovani intellettuali in un enorme mare asiatico e agrario. Fu facile spazzarli via. Il Muro scricchiolava da tempo. Gorby impedì che il crollo avesse una ricaduta tragica. Ma non mi unii al giubilo superficiale di chi pensò che tutto sarebbe andato benissimo. Fallimento del comunismo e l’impero del bene che porta la civiltà nel mondo. Ne vedremo delle belle, pensai e dissi. E la prima cosa pessima che vedemmo fu la destituzione di Gorby, detestato in patria e apprezzato solo a parole a Ovest. Vissi quegli anni con preoccupazione crescente, dopo le iniziali speranze – cadute – di un Gorby vincente. Ma resta il fatto che la Russia era vicina – dovrebbe essere – all’Europa più della Cina. Altro mondo, altra storia. E che l’Europa, se vuole esistere nella sua consistenza storica e nella sua cultura, non può essere la fotocopia della Nato. La Nato ebbe ragioni che anche Berlinguer comprese. Da allora, sono passati quasi cinquanta anni e il mondo è cambiato in modo radicale, a Est e a Ovest.”
“Fu una stagione piena di intelligenza politica quella della sinistra europea dei primi anni Ottanta. Poi, quasi tempesta perfetta, Brandt ai margini, Palme ucciso, Berlinguer morto prematuramente, dopo, peraltro, la tragica cesura della uccisione di Moro. Questo è stato il muro caduto sulle nostre teste, nel 1978. La sinistra è morta non perché sono caduti muri, ma perché non ha avuto persone di intelligenza politica e storica all’altezza di cambiamenti profondi. È morta per assenza di pensiero, di lungimiranza. Tutta piegata a “compiacere” non il mondo per cui la sinistra è nata, il mondo di chi lavora, di chi studia, di chi è debole e ha bisogno di solidarietà sociale e civile, e non di assistenzialismo, di chi chiede giustizia, nel senso della nostra Costituzione. Ma di “compiacere” l’altro mondo, il mondo “perbene”, con il timore di “spaventare”, di non “piacere”. Piacere a chi? Quella sinistra, da Palme a Gorby, passando per Berlinguer, è morta. Inutili nostre nostalgie. La nostalgia non è una categoria della politica. E la storia non finisce con noi. Né con Putin che vergognosamente ha allontanato il suo popolo dall’Europa, né con gli altri nazionalismi europei che ci allontanano dall’Europa casa comune, né con Trump e le varie forme di neofascismo. Certo, la generazione che ci sta dando una grande lezione sulle questioni ambientali – al centro di ogni progetto di giustizia – dovrà farsi carico di ciò che la sinistra passata non è riuscita a compiere.”
“Le parole più realistiche e intelligenti che ho ascoltato, dopo la tragica avventura in Ucraina di Putin, sono quelle di Papa Francesco. Un gesuita geniale, come a volte i gesuiti sono stati nella storia – non sempre – a partire dal nome che ha scelto, Francesco. Fratello Francesco. Il primo Papa che ha scelto questo nome, nonostante tutte le retoriche sul poverello, patrono d’Italia. Una figura luminosa, il poverello geniale, che salvò la Chiesa che stava sprofondando. Papa Francesco dice con parole chiare ciò che è evidente. La guerra è una follia. Chi costruisce armi è un pazzo. Chi le usa è un pazzo. Chi pensa che più armi fermino una guerra è un pazzo. Chi manda tante armi a un paese dove – ancora – una guerra non c’è, è un pazzo, perché invita al disastro. E provocare un cane rabbioso è pazzia, dice Francesco. Lo scontro può essere veramente micidiale. Più di ogni altra volta nella storia. Perché l’atomica è accanto a casa, sotto casa, a due passi, e tutto può accadere, circondati come siamo da dottor Stranamore che amano fare la guerra. O, meglio, farla fare. Quindi, che fare? Ascoltare Francesco. E Gorby. Che, poco prima di andarsene, disse che la guerra in Ucraina doveva finire. E così sarebbe, se una intelligenza politica all’altezza degli anni Ottanta ricomparisse all’orizzonte.”