C’è una grande ipocrisia alla base delle politiche del nostro governo e degli altri governi europei e del dibattito pubblico sulla guerra di aggressione della Russia e sulla solidarietà all’Ucraina. Tutti sanno, ma tutti fanno finta di non sapere che dietro questa guerra, della quale l’Ucraina è soltanto una vittima, il vero scontro è tra la Russia di Vladimir Putin e i Paesi della Nato. Sono perciò gli Stati Uniti e le potenze europee che dovrebbero trattare la pace, o quanto meno affiancare l’Ucraina nelle trattative, anziché lasciarla a trattare da sola con il suo aggressore.
Sarebbe questo il vero atto di solidarietà dell’Occidente nei confronti del popolo ucraino. Il vero aiuto alla popolazione ucraina, bombardata e massacrata ormai da un mese, non è l’invio di armi, che ha il solo effetto di prolungare il conflitto e le stragi, bensì la partecipazione alla trattativa delle grandi potenze occidentali a cominciare dagli Stati Uniti.
Sarebbe questo il vero sostegno all’Ucraina: il raggiungimento dell’immediata cessazione dell’aggressione e, a tal fine, un negoziato con la Russia che veda, a fianco dell’Ucraina, i Paesi membri dell’Alleanza atlantica, dotati di ben altra forza e di ben maggiore capacità di pressione.
A questi fini non servono gli insulti a Putin, che rischiano solo di rendere ancora più difficile il negoziato o peggio, trattandosi di un autocrate irresponsabile, di provocarlo e di indurlo ad allargare il conflitto, fino a farlo precipitare in una terza guerra mondiale nucleare.
Ancora meno serve – anzi è benzina sul fuoco – la corsa alle armi degli Stati europei, dal riarmo della Germania all’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil deciso dall’Italia e da altri Stati europei: “pazzi”, li ha chiamati papa Francesco, dichiarando di essersi per loro “vergognato”. Serve, al contrario, che le maggiori potenze – Stati Uniti ed Unione europea in peimo luogo – affrontino il pericolo di un allargamento incontrollato della guerra e si assumano la responsabilità di fare di tutto per ristabilire quanto prima la pace.
Per questo la sede appropriata della trattativa dovrebbe essere non già una sconosciuta località della Bielorussia, ma l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Per due ragioni. In primo luogo perché le Nazioni Unite sono l’organizzazione la cui finalità istituzionale, come dice l’articolo 1 del suo statuto, è mantenere la pace e conseguire con mezzi pacifici la soluzione delle controversie internazionali. In secondo luogo perché nel Consiglio di Sicurezza siedono, come membri permanenti, tutti i Paesi dotati di armamenti nucleari, esattamente le potenze che hanno la forza e il potere per trattare la pace: la Russia, gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e la Cina.
La trattativa si svolgerebbe così sotto gli occhi dell’intera umanità, all’interno di un’istituzione che ha per ragione sociale il conseguimento della pace e i cui organi, a tal fine, ben potrebbero essere convocati in seduta permanente fino a quando non riusciranno a porre termine alla guerra.
Potrebbe uscirne non solo la fine dell’aggressione all’Ucraina, ma anche una seria riflessione sul pericolo, mai così grave, dell’olocausto nucleare che sta correndo il genere umano e quindi la decisione razionale di riprendere il progressivo disarmo atomico del mondo pattuito nel 1987 da Gorbaciov e Reagan e interrotto da Trump nel 2019.
L’alternativa è l’escalation della guerra, con il rischio sempre maggiore della sua deflagrazione in una guerra nucleare. Ma anche al di là di questa terrificante prospettiva, la continuazione di questa guerra, oltre a produrre massacri e devastazioni nella povera Ucraina, non potrà che far crescere e stabilizzare la logica bellica dell’amico/nemico.
La decisione quasi unanime del nostro Parlamento di aumentare quasi del doppio le spese militari, la terribile decisione tedesca di finanziare con 100 miliardi di euro il proprio riarmo, il progetto di dar vita in modo più che precipitoso a un esercito europeo, l’opzione del presidente statunitense Joe Biden per il rafforzamento militare della Nato anziché per il confronto diplomatico, il compiacimento generale per la «compattezza» dell’Occidente in armi raggiunta in questa logica di guerra, la crescita dell’odio verso il popolo russo e l’informazione urlata e settaria sono tutti segni e passi di una corsa folle verso la catastrofe. È il trionfo della demagogia e dell’irresponsabilità, il cui costo è pagato oggi dal popolo ucraino e domani, se la corsa non si fermerà, dall’intera umanità e in particolare dall’Europa.
È un’ingenua illusione pacifista sperare ancora in un risveglio della ragione delle potenze occidentali, animato da una vera volontà di fermare, nell’interesse di tutti, la follia di questa guerra?