Nell’ultimo direttivo abbiamo già valutato il grande risultato ottenuto nella raccolta delle firme (1.291.488) sia on line che cartacee a sostegno del referendum abrogativo (ex art 75) della legge 86/24 (Calderoli) sull’autonomia regionale differenziata. Una mobilitazione straordinaria a cui abbiamo contribuito in ogni modo sia direttamente che attraverso La Via Maestra, sia insistendo per allargare ulteriormente lo schieramento dei sostenitori della proposta, di particolare significato l’adesione della Uil.
Il Comitato promotore del referendum abrogativo è stato reso pubblico nell’ottobre 2024, tuttavia pur presentando le memorie alla Cassazione e alla Corte costituzionale non è riuscito a diventare il punto di riferimento politico e sociale di cui avevamo bisogno. Anche per questo abbiamo cercato di presentare il più possibile come Cdc all’opinione pubblica un’iniziativa determinata per ottenere il referendum abrogativo, cercando di evitare pause e silenzi troppo lunghi, che non aiutano la continuità di iniziativa quando si affrontano battaglie difficili e complesse come un referendum. L’obiettivo per noi è sempre stato raggiungere il quorum e insieme ottenere la maggioranza per l’abrogazione. Segnalo le due pagine che abbiamo pubblicato su Repubblica cogliendo un’occasione conveniente che ha prosciugato le nostre limitatissime disponibilità finanziarie. Tutto questo per sostenere la necessità del referendum abrogativo.
La sentenza 192/24 della Corte costituzionale è indubbiamente anche un nostro risultato visto che abbiamo proposto con forza, sulla base delle indicazioni di Massimo Villone, il ricorso delle regioni alla Consulta sull’incostituzionalità della legge 86/24. Con dubbi e incertezze alla fine il ricorso delle regioni c’è stato. Il ricorso ha certamente premiato la Sardegna che ha ottenuto il riconoscimento che le regioni a statuto speciale debbono seguire la via prevista dalla Costituzione per quanto riguarda i loro poteri. Il ricorso delle regioni ha ottenuto dalla Corte costituzionale una sentenza che è un duro colpo alla legge 86/24 in particolare sulle modalità di determinazione dei Lep, al punto che il referendum parzialmente abrogativo è stato di conseguenza bocciato dalla Cassazione. Anche altre modifiche importanti sono intervenute: il divieto di affrontare la devoluzione di intere materie ma autorizzando solo singole funzioni; il ripristino di un ruolo del parlamento di rango costituzionale, rimettendolo al centro di tutto il percorso con piena facoltà di modificare gli accordi regioni/governo; togliendo funzioni legate a materie ormai europee e quindi non più riconducibili all’elenco del 117e altro ancora.
Tuttavia la sentenza non ha dichiarato incostituzionale l’intera legge, che per quanto menomata resta in vigore per aspetti che meritavano l’iniziativa di abrogazione, come del resto ha riconosciuto la Corte di Cassazione che ha si abrogato il referendum parziale ma ha ammesso il referendum interamente abrogativo perché parte della legge vive tuttora e perché la Consulta ne ha ridisegnato delle parti che contribuiscono a farla vivere parzialmente. Questa è una curiosa incongruenza della decisione di non ammettere il referendum interamente abrogativo.
La Corte di Cassazione (ben 25 magistrati) con la sentenza del 20 dicembre ha quindi riscritto il quesito referendario abrogativo incorporando le modifiche della Consulta. C’era da aspettarsi che la Consulta accogliesse la proposta come ha fatto per gli altri 5 referendum, invece ha deciso con la sentenza 10/25 la bocciatura che si è concentrata sul testo del quesito ritenendolo tale da trarre in inganno elettrici ed elettori e addirittura ritenendolo un pronunciamento surrettizio e improprio sull’articolo 116.
Lontana da noi la tentazione di contribuire a fratture con il ruolo di qualunque magistratura, tanto più con la Corte delle leggi. Tuttavia non riusciamo a condividere nel merito questa sentenza e anzi abbiamo l’impressione che questo pronunciamento sia concentrato sul quesito referendario perché la Cassazione aveva già sgombrato il campo con la sua sentenza da altre argomentazioni e questo ha portato a motivazioni che c’entrano poco con il quesito ma molto con il problema del ruolo del referendum abrogativo, quasi dimenticando che la proposta di referendum abrogativo è sempre una reazione a qualcosa che c’è già, e che in questo caso divideva il paese, e quindi non può essere l’abrogazione a pagarne le conseguenze. Inoltre la Consulta conferma un orientamento restrittivo, quasi timoroso sul ruolo del referendum, mentre proprio in una fase di astensionismo elettorale crescente il referendum – istituto regolato di democrazia diretta – potrebbe positivamente riavvicinare i cittadini alle scelte politiche.
In sostanza prendiamo atto pur non convinti di questa decisione. Sottolineiamo che la sentenza del 10 gennaio prescrive che anche per le funzioni ritenute non Lep ogni volta che le funzioni da trasferire riguardino diritti civili o sociali debbono essere sottoposte a Lep e poiché la previsione dei Lep va riscritta con legge dopo la sentenza 192/24 ovviamente riguarda anche funzioni che in precedenza erano considerate non Lep.
In questo momento non sappiamo cosa farà il governo, avvertiamo le pressioni di Calderoli, Fontana e Zaia per procedere comunque. Sappiamo che ci sono altri terreni a cui prestare attenzione perché i promotori dell’autonomia regionale differenziata non demorderanno, ad esempio il Ministro dell’Ambiente sulla localizzazione delle rinnovabili ha delegato la scelta alle regioni e questo sta creando una situazione di blocco e di incertezza, proprio nel momento in cui si dovrebbe rilanciare sulle energie rinnovabili, inoltre si tenta di rilanciare il nucleare in Italia malgrado due referendum che hanno detto con chiarezza No. Anche sulla proposta di legge su Roma capitale occorre prestare attenzione, perché accanto a proposte condivisibili ce ne sono altre della maggioranza che sembrano volere fare rivivere l’autonomia differenziata surrettiziamente.
Questo ed altro ci fa ritenere che un referendum interamente abrogativo era utile, necessario e del tutto possibile. La sentenza del 10 gennaio ha cancellato, per ora questa possibilità, e proprio per cercare vie di risposta positive è stata lanciata la proposta di raccogliere subito le firme su un nuovo quesito referendario da Massimo Villone che lo ha scritto per esteso per dimostrare che potrebbe essere una via da percorrere, intrecciando una nuova raccolta delle firme con la campagna referendaria che è già iniziata sui restanti 5 referendum, in vista del voto l’8/9 giugno. Questa proposta non ha trovato nelle sedi più ampie, che noi stessi abbiamo voluto e costruito come la Via Maestra, il sostegno necessario e noi, anche volendo, da soli non avremmo la forza per raccogliere le firme occorrenti per rendere paragonabile questo risultato alla raccolta delle firme dell’estate scorsa.
In ogni caso il Cdc sarà in prima linea per arrivare al risultato del quorum e dell’abrogazione degli altri 5 referendum anche se quello sull’autonomia differenziata non ci sarà più. Potremmo dire che per noi gli argomenti referendari restano 6 anche se le schede saranno soltanto 5, questo perché vogliamo cercare di mantenere ben viva l’attenzione sull’A.R.D. in vista di appuntamenti futuri che potrebbero di nuovo rendere necessario usare il referendum abrogativo.
Inoltre il lavoro fatto per costruire il clima referendario sull’ A.R.D. è importante anche per allargare le ragioni degli altri 5 referendum, su cui ci sentiamo pienamente impegnati. Entreremo nei comitati promotori e nei territori dobbiamo dare un contributo importante per portare lo schieramento più largo possibile a sostenere tutta la campagna referendaria. E’ ovvio che la campagna referendaria è rimasta indebolita dalla cancellazione del quesito su A.R.D. e questo comporta che tutti noi ci impegniamo ancora di più per realizzare il risultato del quorum e della vittoria del Si.
Non trovo convincente che la cancellazione del referendum sull’A.R.D. comporti ora una esagerazione del giudizio positivo sulle sentenze della Corte costituzionale. Per quanto sia stata forte la critica alla legge Calderoli la Corte non ha cancellato la legge 86/24 e quindi non avere confermato la possibilità del referendum abrogativo lascia aperta la strada a governo e alla maggioranza per riprovarci con nuove modalità. Gli unici che non potranno, allo stato, dire la loro sono i cittadini che potevano e dovevano essere chiamati a pronunciarsi con un Si o un No.
Ora dobbiamo individuare come procedere per mantenere attenzione e unità sull’A.R.D., per non disperdere un grande patrimonio di consapevolezza e mobilitazione.
Il 22 marzo si scioglierà il comitato promotore del nostro referendum e deve diventare l’occasione per essere non tanto la burocratica fine di un’esperienza ma l’inizio di una fase nuova, mantenendo la convergenza politica e sociale. Da quell’occasione deve venire ad esempio la costruzione di un metodo, di una sede per tenere sotto controllo gli atti del governo e della maggioranza in parlamento.
In Senato l’opposizione aveva già sostenuto una richiesta di AVS di interrompere le trattative tra regioni e stato ma la maggioranza l’ha respinta. Comunque sia dobbiamo essere pronti a denunciare, a protestare, a contrastare iniziative inaccettabili anche usando gli strumenti adatti per portare nelle forme previste al giudizio della Corte atti che siano in contrasto con le sue sentenze.
Occorre mantenere nella campagna elettorale ben viva l’attenzione sull’autonomia regionale differenziata.
Occorre proseguire la riflessione sul titolo V della Costituzione. Abbiamo già proposto un intervento di modifica dell’articolo 116 c.3 e del 117 con la legge di iniziativa popolare che abbiamo presentato al Senato forte di 106.000 firme. Abbiamo un patrimonio di proposte e di iniziative ed è evidente che oggi bisogna arrivare ad un patrimonio politico condiviso che se non avrà sbocchi possibili in questa legislatura può diventare in ogni caso un pezzo del programma politico dell’alternativa politica che le opposizioni dovranno prima o poi decidersi a cotruire, pena la sciagura di fare vincere ancora la destra.
Aiuta in questa direzione che il nuovo Presidente dell’Emilia Romagna De Pascale abbia ritirato la richiesta di poteri che il suo predecessore Bonaccini aveva presentato insieme a Lombardia e Veneto, uscendo dall’avventura A.R.D., e abbia proposto di ripensare il titolo V in un’ottica del tutto diversa. Questa posizione è una novità importante e siamo d’accordo di provare ad impegnarci di nuovo in questa direzione.
In breve sugli altri punti.
L’attacco all’indipendenza della magistratura ci trova nettamente contrari e siamo al fianco dell’Anm, dei giudici contro il ddl Nordio e se ci sarà referendum costituzionale saremo con loro per il No (essendo referendum confermativo occorre votare No). Non è solo questione di separazione delle carriere dei magistrati, attualmente i passaggi tra le funzioni sono poca cosa, ma di rompere il Csm in 2 per i magistrati composti con sorteggio per annichilire il loro associazionismo, la creazione di una nuova struttura fuori dal Csm per gli interventi disciplinari sui magistrati.
Il ddl costituzionale Nordio è inaccettabile ma ha anche un significato più ampio e riguarda la democrazia stessa perché l’attacco alla magistratura riguarda una maggioranza che mal sopporta – in ragione del ruolo costituzionale – critiche, interventi, blocco di iniziative. Dai centri in Albania all’intervento della Cassazione per approvare i risarcimenti ai migranti sequestrati sulla Di Ciotti e per sottoporre la legge che ha cancellato l’abuso d’ufficio al giudizio della Corte costituzionale, in ogni occasione governo e maggioranza confermano di non riuscire a sopportare i controlli di legalità e per di più crescono i casi in cui l’attacco non è ai PM ma ai magistrati giudicanti che evidentemente si vuole riportare sotto controllo, minandone l’indipendenza di ruolo e la soggezione solo alle leggi.
Ritorna come ha detto un deputato di Forza Italia in aula in sede di approvazione del ddl Nordio dedicando questo voto alla memoria di Berlusconi il tentativo di rendere l’eletto legibus solutum e fuori dall’ombra dell’intervento della magistratura, se aggiungiamo a questo un parlamento subalterno, senza reale autonomia e ruolo, il gioco è fatto: la democrazia che abbiamo conosciuto garantita dalla nostra Costituzione, nata dalla resistenza antifascista, non esisterebbe più, almeno come l’abbiamo conosciuta. L’origine lontana è nel progetto sovversivo di Gelli.
Per essere certi che ci sarà il referendum costituzionale occorre evitare che il ddl Nordio arrivi ai due terzi di favorevoli, c’è ragione di essere preoccupati.
Se come speriamo ci sarà il referendum, ove il ddl Nordio non si fermi prima, noi saremo al fianco della magistratura.
Per quanto riguarda il premierato, altro possibile colpo alla Costituzione, al momento sembra esserci bonaccia, anzi alcune notizie dicono che si starebbe esaminando la possibilità di concentrare le modifiche in una nuova legge elettorale ritagliata su misura per realizzare lo stesso obiettivo, abbandonando la modifica costituzionale che potrebbe essere sottoposta a referendum.
Sbaglia chi legge questo passaggio come condizionato dal timore del tiranno perché il problema oggi non è quello di aumentare il ruolo del governo che in verità è già il dominus nei rapporti con il parlamento. Basta guardare al ruolo del governo che è preponderante mentre il parlamento non esercita con autonomia i ruoli istituzionali di fiducia, sfiducia, controllo e condizionamento come ha fatto in passato. Monitoriamo gli sviluppi e prendiamo iniziative a partire da un aggiornamento sulla legge elettorale.
Con l’approvazione del ddl del governo torna il tema del nucleare e proprio oggi si è presentato un network contrario e si sta lavorando per rimettere in campo l’Associazione si alle rinnovabili no al nucleare, con la premessa di valutare se i referendum del 1987 e 2011 possono costituire un ostacolo sulla strada del governo.
Infine Pace. Abbiamo lavorato con ambasciatori e generali in un periodo in cui parlare di pace sembrava bestemmiare in chiesa, ora la situazione sta evolvendo ma resta una situazione difficile, pericolosa, sia a Gaza che in Ucraina. Qui c’è il problema dell’Europa che non può schierarsi su posizioni che a volte sembrano dispiaciute di novità che potrebbero portare alla pace e comunque non è facendo concorrenza sul riarmo che l’Europa si può caratterizzare. Riuniremo il direttivo per discutere con più calma questi problemi.