Le firme consegnate in Cassazione per il referendum abrogativo della legge Calderoli per l’autonomia regionale differenziata sono 1.291.488, 553.915 online e 737.573 su moduli cartacei. E’ la migliore risposta alle stupidaggini di Calderoli sulla presunta facilità della raccolta delle firme on line, visto che il numero c’è sia con i tradizionali moduli cartacei che on line. E’ invece inaccettabile che Calderoli tenti di forzare la mano convocando incontri con alcune Regioni e promettendo loro poteri che non può garantire fintanto che non ci saranno stati il giudizio della Corte costituzionale sui ricorsi di 4 regioni e l’effettuazione di referendum. Calderoli farebbe bene a darsi una calmata e ad attendere questi giudizi prima di fare promesse che non potrebbe mantenere.

Con buona pace di Calderoli è stupefacente che la raccolta firme online sul dimezzamento degli anni necessari per la cittadinanza italiana sia arrivata a 620.000 in 3 settimane, realizzando una risposta superiore alle previsioni. Per ottenere questi risultati occorre incontrare una sensibilità diffusa, disponibile a mobilitarsi, in questo caso sui problemi dell’immigrazione, contro la politica della paura e della chiusura. Anche questo referendum è un’opportunità per ridare vitalità alla democrazia e riportare elettrici ed elettori al voto.

La maggioranza ottenuta dalla destra in parlamento (59%) con una minoranza di voti (44%) e di elettori (28%) è diventata uno spartiacque e in particolare l’occasione per avviare un attacco sistematico alla Costituzione.

Le forze culturali, politiche, sociali fondamentali della ricostruzione dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale – che avevano partecipato alla Resistenza, alla cacciata dei fascisti e dei nazisti per riconquistare indipendenza e dignità – erano consapevoli di dover scrivere una nuova Costituzione in cui sancire una nuova identità nazionale.

La Costituzione è insieme un programma politico – cosa non compresa dall’attuale opposizione nelle elezioni del 2022, quando con le sue divisioni regalò alla destra la vittoria – e un corpo di principi e di regole istituzionali per garantire continuità alla democrazia italiana, impedendo il ritorno del fascismo in qualunque forma. La Costituzione è un’impresa formidabile e lungimirante per ricostruire l’Italia dopo le distruzioni della guerra.

Una parte della società italiana non ha mai accettato questo patto costituzionale. Siamo arretrati da quando Fini indicò alla destra l’accettazione sostanziale della Costituzione e delle sue regole democratiche. Oggi invece la destra al governo coltiva rapporti inquietanti con suggestioni e con settori che dovrebbero essere contrastati, in sostanza ha difficoltà a dichiararsi antifascista e punta a cambiare le regole di fondo nelle quali non si riconosce.

Va detto con chiarezza che anche le sinistre hanno avuto ripetute tentazioni di modificare la Costituzione, affermando che si trattava solo della seconda parte, ma in realtà era una foglia di fico: i meccanismi decisionali sono decisivi per realizzare i principi/obiettivi della prima parte e per di più le sinistre non sempre hanno avuto mano felice nel riscriverla.

Ad esempio nel 2001 le modifiche al titolo V della Costituzione avrebbero dovuto togliere spazio alla Lega ma invece il risultato fu di perdere le elezioni e scrivere alcune formulazioni (ad esempio negli articoli 116 e 117) che con la previsione del potere concorrente hanno generato oltre 2000 cause Stato/Regioni e di cui Calderoli ha usato come alibi le ambiguità per costruire la sua legge che è in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione. Una forzatura, certo, ma resa possibile da ambiguità che andavano evitate.

Per troppo tempo è stata trascurata l’esigenza di un’ottica nazionale nella sanità, dove la regionalizzazione ha portato verso 20 sistemi sanitari diversi e ha fatto emergere con forza l’esigenza di scelte unitarie nazionali di fronte ai guasti emersi con il Covid, superati solo dallo stato di emergenza per la pandemia. Eppure la sanità è cruciale per la coesione sociale nazionale e ancor di più per la vita delle persone.

Le modifiche alla Costituzione non debbono stravolgerne l’impianto ed essere precise, puntuali. Il Cdc è nato 10 anni fa per fermare con il No la “deformazione” della Costituzione tentata da Renzi, scelta non indolore ma indispensabile per respingere una concezione della Costituzione “à la carte”, nella quale ogni maggioranza si diletta a modificarla, stravolgendola per più o meno nobili convenienze.

Nei tentativi di cambiamento della Costituzione c’è stato un errore costante, comune sui quorum di garanzia pensati nel 1948 dai costituenti in presenza di un sistema elettorale proporzionale, ma non modificati a fronte dell’introduzione di leggi elettorali maggioritarie. La questione è tornata di grande attualità con il tentativo, fallito, di Giorgia Meloni di imporre un giudice costituzionale di sua stretta fiducia puntando ad un’imposizione della maggioranza. Ad un certo punto Giorgia Meloni ha pensato di poterci arrivare perché i 3/5 del corpo elettorale che vota i giudici indicati dal parlamento sono un obiettivo alla sua portata, almeno teoricamente, con qualche “acquisto” altrove. Ma se il quorum fosse stato rivisto in presenza di una legge elettorale (rosatellum) che ha avuto effetti ipermaggioritari sul parlamento la proporzione poteva essere ristabilita elevandola per obbligare ad accordi in grado di coinvolgere la grande maggioranza dei parlamentari. Si tratta d una garanzia per la terzietà dei giudici. Il tentativo di forzare questa volta è fallito ma resta il problema strutturale da risolvere, se c’è una legge maggioritaria occorre rivedere tutti i quorum di conseguenza, questo è uno dei contrappesi che ad esempio il progetto di legge del Governo sul premierato ignora completamente. Perché Giorgia Meloni ha fatto questa forzatura ? Tutto questo per avere un “fidato” all’interno della Corte costituzionale, rivelando così non solo una concezione proprietaria, di parte, del ruolo dei giudici costituzionali, ma anche facendo un pessimo servizio al suo candidato che da oggi è chiaramente identificabile come persona che non può svolgere un ruolo terzo come è richiesto a un giudice, ancora di più se di livello costituzionale. Non a caso la proposta di Giorgia Meloni era quella del giurista che ha redatto la proposta di legge del “premierato” che sicuramente la Corte stessa in futuro dovrà giudicare e quindi mettendolo in una posizione di incompatibilità perché coinvolto in decisioni che giudicheranno il suo stesso lavoro.

Una destra che non rompe con il fascismo tenta nello stesso tempo di stravolgere la Costituzione con l’obiettivo di introdurre la sua impronta: un presidenzialismo declinato come premierato con elezione diretta, relegando il parlamento ad un ruolo subalterno e di servizio per il governo, riducendo il ruolo di garanzia e i poteri del Presidente della Repubblica e cercando di avere una Corte costituzionale addomesticata, subalterna.

L’autonomia regionale differenziata di Calderoli è la prova generale dello scardinamento della Costituzione che afferma all’articolo 1 e poi lo ripete nell’articolo 5 : L’Italia è una Repubblica. Una, quindi il secessionismo non è possibile. Eppure la destra ha approvato una legge che potrebbe frantumare l’Italia. Per il potere la destra che invoca la patria nega sè stessa e purtroppo i diritti fondamentali (uniformi) dei cittadini. Da questo vengono gli imbarazzi e le contrarietà nella stessa maggioranza di destra.

Contiamo che i referendum ci saranno: 1) autonomia differenziata, 2) cittadinanza in 5 anni, i 4 promossi dalla Cgil per i diritti e la qualità del lavoro. Il voto è identico, non può che essere Si all’abrogazione delle norme. Non sarà facile convincere  a votare la maggioranza degli elettori, nel clima di delusione per la politica e per le stesse istituzioni. Tuttavia è un risultato possibile perché è una grande occasione per tutti, anche per quanti si sono allontanati dal voto per contare e decidere che ci sono provvedimenti sbagliati, inaccettabili che vanno abrogati. La forzatura di Giorgia Meloni per avere il “suo” giudice costituzionale verrebbe fortemente contraddetta da un voto per abrogare queste norme che si è tentato di salvare in ogni modo, perfino forzando Costituzione e galateo istituzionale.

L’Italia è e deve restare una repubblica parlamentare e ha bisogno della libertà dei parlamentari, come prevede l’articolo 67 della Costituzione, e di una legge elettorale sostanzialmente proporzionale con cui i cittadini possano scegliere direttamente i loro rappresentanti, dando lo spazio istituzionale che meritano ai referendum.

Insomma, il contrario della Capocrazia che sogna Giorgia Meloni, fatta di accentramento di poteri in una persona, senza contrappesi e poteri in grado di impedire la deriva verso un potere pressoché assoluto.

La destra vuole stravolgere la Costituzione, le sinistre, i democratici debbono attuarla e difenderla. Teniamoci cara la nostra Costituzione, errori passati vanno corretti, è il momento della svolta a favore della Costituzione, che deve essere base ed ispirazione per una coalizione politica e sociale alternativa.

Facciamola vivere usandola per alleviare difficoltà  e sofferenze dei cittadini, come prevede l’articolo 3 (E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, ecc.) offrendo una proposta di un futuro migliore.