Al Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni
Al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani
L’Agenzia per i profughi palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) è un organismo creato dall’ONU nel 1949, con il compito di fornire soccorso e aiuti di emergenza ai 700.000 rifugiati palestinesi espulsi dalle loro terre nel 1948, missione che si è estesa ai profughi espulsi a seguito della guerra del 1967. Attualmente l’UNRWA fornisce assistenza a cinque milioni di rifugiati che vivono in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Ha 30.000 dipendenti, di cui 13.000 a Gaza e gli altri sparsi nei Paesi che ospitano campi profughi palestinesi. Il 99% di loro non sono funzionari internazionali, bensì palestinesi addetti a fornire servizi essenziali per la vita dei rifugiati nei campi: scuole, strade, servizi sanitari di base, ospedali, dispensari.
L’esistenza di un popolo di rifugiati, che vengono censiti e assistiti da un’Agenzia delle Nazioni Unite, è una spina nel fianco per Israele, perché mantiene in vita la questione palestinese. La guerra contro Gaza è stata anche un’occasione per regolare i conti con l’Agenzia. Non è un caso se sono stati uccisi 152 membri del personale dell’UNRWA, il numero più alto del personale delle Nazioni Unite eliminato in un conflitto dalla fondazione dell’ONU.
Un’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia ha imposto ad Israele una serie di obblighi precisi da rispettare, fra cui quello di adottare “misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le condizioni di vita avverse dei palestinesi nella Striscia di Gaza.” Il giorno dopo, il Governo israeliano ha chiesto lo smantellamento dell’UNRWA, accusando 13 suoi dipendenti di aver partecipato all’attacco del 7 ottobre. Subito Stati Uniti, Canada, Australia, Italia, Regno Unito, Finlandia, Paesi Bassi, Germania, Giappone, Austria e Nuova Zelanda hanno dichiarato di tagliare i fondi all’Agenzia.
Il fatto che, tra i 13.000 dipendenti nella Striscia di Gaza, 13 persone siano state ipoteticamente coinvolte in qualche tipo di attività criminale non giustifica certo il taglio dei fondi a un’Agenzia vitale per milioni di persone. Le organizzazioni umanitarie presenti a Gaza hanno lanciato un unanime allarme in quanto “la sospensione dei finanziamenti all’UNRWA da parte dei maggiori donatori rischia di avere conseguenze umanitarie disastrose…” Questo taglio si risolve in una ulteriore punizione collettiva contro la stremata popolazione di Gaza ostacolando l’obbligo, sancito dalla Corte Internazionale di Giustizia civile, di fornire i servizi di base e l’assistenza sanitaria urgente per affrontare “le condizioni di vita avverse dei palestinesi nella Striscia di Gaza”.
L’Italia è sempre stata vicina alle sofferenze della popolazione palestinese; non a caso in passato l’UNRWA è stata diretta dall’ambasciatore Giorgio Giacomelli, a cui è subentrato un altro italiano, Filippo Grandi, ora Alto Commissario per i Rifugiati. La decisione di tagliare i fondi all’UNRWA, nel momento in cui è massima l’urgenza di portare aiuti d’emergenza alla popolazione di Gaza, è contraria a principi elementari di umanità. Oggi constatiamo che Australia, Canada, Svezia e Spagna, hanno posto fine al boicottaggio dell’UNRWA.
Chiediamo che l’Italia, in conformità alle sue tradizioni costituzionali, riprenda il sostegno finanziario che ha sempre fornito alle attività dell’UNRWA.
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Roma, 18 marzo 2024