La maggioranza boccia la legge di iniziativa popolare contro l’autonomia differenziata. Resta aperta la strada dei ricorsi alla Consulta e al referendum abrogativo
Dichiarazione della presidenza del Coordinamento per la democrazia costituzionale
La maggioranza di governo al Senato boccia la legge di iniziativa popolare di revisione costituzionale che modifica parti del titolo V della Costituzione, proposta e sostenuta dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale che ha raccolto 106 mila firme, il doppio del necessario, per impedire che l’autonomia differenziata spacchi l’unità del paese.
Per raggiungere questo risultato la maggioranza è ricorsa a una evidente forzatura. Infatti l’articolo 74 del regolamento del Senato prevede dei tempi precisi entro i quali la legge di iniziativa popolare deve essere portata in Aula. Quei limiti sono stati ampiamente superati, e il disegno di legge è stato calendarizzato. Ma la maggioranza ha voluto fare precedere la discussione e la approvazione, avvenuta ieri, del disegno di legge Calderoli. Una clamorosa forzatura del buon senso e della logica politica e istituzionale, poiché la proposta di legge popolare di rango costituzionale avrebbe dovuto essere discussa prima del ddl Calderoli, che è una legge ordinaria e che si appoggia proprio a quelle parti della Costituzione che la legge di iniziativa popolare voleva profondamente modificare.
Una ennesima manifestazione della arroganza delle destre che fondano la loro forza su una maggioranza parlamentare raggiunta grazie a una legge elettorale ingiusta e incostituzionale.
E’ importante sottolineare che la raccolta delle firme per la legge popolare ha permesso di investire il paese di una questione della massima importanza, di portare la discussione in Parlamento, di raccogliere il voto delle forze di opposizione dall’Alleanza sinistra verdi a Italia Viva, passando per i 5stelle e il Partito democratico. Anche chi nel 2001 si rese protagonista di una modifica avventata della Costituzione, ha riconosciuto l’errore compiuto, reso evidente dalla prova dei fatti, in particolare durante il periodo della pandemia.
Ma la lotta contro l’autonomia differenziata, la secessione dei ricchi e la riduzione dell’Italia a un assemblaggio di staterelli semi-indipendenti, non è affatto terminata. Vi è ancora il passaggio alla Camera del ddl Calderoli, dove dovrà essere duramente contestato. Ma soprattutto vi è la possibilità, come ha anche messo in luce l’ex presidente della Consulta Ugo de Siervo, di un ricorso alla Corte Costituzionale, che potrebbe essere presentato in via principale da parte di una o più regioni subito dopo l’entrata in vigore della legge. Inoltre, come è stato affermato anche da forze dell’opposizione nelle dichiarazioni di voto in Senato, è aperta la strada per un referendum abrogativo per il quale, nella massima unità possibile, il CDC si impegna fin d’ora a lavorare.
La presidenza del Cdc
Roma, 24 gennaio 2024