L’«autonomia» e il presidenzialismo fanno a pugni.
Il manifesto del 17 maggio
Cambiare la Costituzione richiede prudenza ed equilibrio. Non sempre in passato è stato così. Ci ha provato la destra senza riuscirci. Nel 2001 lo ha fatto il centro sinistra, cambiando il titolo V con una maggioranza risicata e sbagliando alcuni articoli, il 116 e il 117, che oggi Calderoli usa come un piede di porco per contraddire principi costituzionali fondamentali, come il diritto universale all’istruzione e alla salute.
La proposta di legge di iniziativa popolare, che ha raccolto almeno 90.000 firme, verrà presentata al Senato per contribuire a bloccare la proposta Calderoli che, con la secessione dei ricchi, rischia di iniziare il falò del Risorgimento e della Resistenza al nazifascismo, da cui è nata l’Italia di oggi e di cui la Costituzione è l’alfa e l’omega. Per troppo tempo anche a sinistra c’è stato chi con approssimazione ne ha promosso modifiche.
La Costituzione non può diventare l’alibi per le difficoltà a governare, neppure per la destra. Se non ce la fa non è colpa della Costituzione. È ora che l’opposizione riparta dalla Costituzione, non solo per difenderla dagli assalti, ma per attuarla. Già questo sarebbe un programma avanzato, progressista. La sede in cui discutere modifiche alla Costituzione è il parlamento, il cui compito è centrale nella nostra democrazia, che non si riduce ad un voto ogni 5 anni per designare il capo che decide, ma è una complessa e articolata vita di partecipazione.
Dopo il voto del parlamento dovrà sempre esserci il pronunciamento delle elettrici e degli elettori attraverso il referendum costituzionale, anche se il parlamento arrivasse ai 2/3 dei voti, indispensabili per evitarlo. Questo dovrebbe essere un impegno di tutti per garantire che alla fine decideranno gli elettori.
Sarebbe meglio che le decisioni venissero affidate al futuro parlamento, da eleggere con una nuova legge elettorale, quella attuale è una follia, produce risultati erratici che mandano all’opposizione la maggioranza degli elettori. Un parlamento che decide modifiche della Costituzione dovrebbe essere eletto in modo proporzionale per rappresentare tutte le posizioni.
L’obiettivo di cambiare la legge elettorale va posto ora. Ci sono aspetti insopportabili. I parlamentari sono di fatto nominati dai capipartito e non rispondono del loro comportamento agli elettori, che nemmeno li conoscono, ne risentono autonomia e qualità perché sono scelti per fedeltà.
La Costituzione prevede un equilibrio tra i poteri realizzato con regole pensate per leggi proporzionali. Oggi il maggioritario premia con il 15 % il vincitore e altera i quorum previsti per scelte importanti. Eleggere direttamente il Presidente della Repubblica, nella variante americana o francese, oppure il capo del governo, porterebbe ad uno stravolgimento della Costituzione del 1948 perché le regole condizionano i principi fondamentali. Solo una destra che accetta malvolentieri la Costituzione può puntare a queste modifiche.
La stessa proposta Calderoli sull’autonomia regionale differenziata prepara la «secessione dei ricchi» ed è incompatibile con la Costituzione, perfino con il presidenzialismo. La destra ha posizioni diverse, che stanno insieme per il potere, cerca di risolvere le contraddizioni sommando le posizioni e stravolgendo la Costituzione. L’alternativa al presidenzialismo è rilanciare il ruolo del parlamento, affidando agli elettori la scelta dei parlamentari che li debbono rappresentare.
Parlamentarismo contro Presidenzialismo. Più partecipazione anziché delega al capo.
L’opposizione consideri seriamente che il referendum abrogativo può essere il veicolo necessario per spingere a cambiare la legge elettorale.
Discutiamo, ma sembra l’unica via per uscire dal vicolo cieco di un maggioritario costruito per scegliere un parlamento di fedeli esecutori, che ha aperto la strada al presidenzialismo.