Pubblichiamo l’Ordine del giorno approvato il 13 febbraio dal Consiglio comunale di Napoli al termine della discussione sull’autonomia differenziata, che impegna la Giunta a chiedere il ritiro del Ddl Calderoli, a sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dal CDC, a sollecitare la definizione dei Lep e altri strumenti perequativi per eliminare le attuali disuguaglianze, a partire dai criteri per il riparto del Fondo sanitario nazionale.
Il Consiglio comunale
premesso che
l’Italia è già oggi un paese con fortissime differenze fra Nord e Sud. L’Unione Europea ha varato il PNRR proponendosi tra le altre cose proprio lo scopo di intervenire sugli squilibri territoriali, nella consapevolezza che questi sono un limite allo sviluppo e non un vantaggio per le aree più ricche. L’autonomia differenziata va invece nella direzione opposta di sottrarre risorse alle regioni meridionali. È una prospettiva miope che danneggia innanzitutto il Paese. Reitera un modello in crisi da decenni che cerca di arrestare la perdita di terreno del Nord nel contesto europeo, impedendo al Sud di accendere un secondo motore per lo sviluppo. È un errore grave, soprattutto dopo che la pandemia di Covid 19 ci ha mostrato tutti i limiti di una gestione insufficiente e frammentata su base regionale.
preso atto che
il disegno di legge sull’autonomia regionale differenziata approvato dal Consiglio dei ministri, stravolgerebbe l’architettura istituzionale del Paese e la geografia dei poteri. Invocando il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, le regioni a statuto ordinario possono richiedere la competenza fino a 23 materie che oggi sono di pertinenza esclusiva dello Stato. Scuola, università, ricerca, sanità, grandi reti e infrastrutture del trasporto e della navigazione, previdenza complementare e integrativa, energia, aziende di credito a carattere regionale. È un elenco solo parziale che illustra la portata di un processo di devoluzione potenzialmente incontrollato e certamente irreversibile, col Parlamento esautorato di fatto delle sue funzioni.
considerato che
siamo di fronte a un progetto dagli esiti imprevedibili perché, oltre alla potestà legislativa per le materie di legislazione concorrente e per eventuali altre tre fra quelle di competenza esclusiva dello Stato, prevede il trasferimento di risorse secondo il principio che le tasse debbano restare quasi totalmente nel territorio in cui sono pagate. Il Veneto, per esempio, che ha chiesto la competenza per tutte le materie previste dall’articolo 116 tratterrebbe il 90 per cento del gettito fiscale generato nella regione, per un totale di 41 miliardi. Sommando queste cifre a quelle di Lombardia ed Emilia Romagna, che hanno chiesto rispettivamente la competenza su venti e sedici materie e tratterrebbero 106 e 43 miliardi, si arriva all’importo di 190 miliardi in meno per lo Stato centrale, su 750 miliardi complessivi di introito fiscale.
atteso che
all’Italia non serve un ulteriore spinta verso il regionalismo delle piccole patrie, del tutto inadeguate per dimensioni a reggere la competizione su scala internazionale. Piuttosto, il Paese ha bisogno di ribadire la centralità dello Stato per garantire unità, coesione sociale, riduzione delle diseguaglianze e giustizia sociale, riaffermando un diritto di cittadinanza universale. Non è quindi una discussione che si esaurisce nella determinazione dei Livelli essenziali di prestazione, una posizione tutta difensiva che non aggredisce i nodi dell’ineguaglianza fra territori italiani, ma nell’adozione di politiche che si ispirino al principio di colmare il divario, chiamando a svolgere un ruolo in prima persona ai comuni e soprattutto alle Città metropolitane come Napoli. Non la “secessione dei ricchi”, con una formula diventata di uso comune, ma il punto di partenza di una relazione nuova e qualitativamente diversa fra le aree che compongono il Paese.
impegna la Giunta a
- chiedere il ritiro del disegno di legge sull’autonomia regionale differenziata;
- sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare per la modifica degli articoli 116 e 117 della Costituzione, prevedendo una limitazione alle regioni di poter richiedere nuove competenze, con l’introduzione di una clausola di supremazia a tutela dell’unità giuridica ed economica della Repubblica;
- sollecitare la definizione dei LEP e gli altri strumenti perequativi e di eliminazione delle attuali diseguaglianze, come già previsti dalla Costituzione e dalla legislazione vigente, a partire dai criteri per il riparto del fondo sanitario nazionale