I molti propositi e i fragorosi silenzi di Letta
Di Massimo Villone
Letta ha avuto dall’assemblea del Pd l’equivalente virtuale di una standing ovation: 860 sì, 2 no e 4 astenuti. Certo si può dubitare che abbia conquistato davvero tutti con il suo lungo discorso, molto focalizzato su questioni che diremmo di metodo, sul partito, sulla coalizione. I renziani pentiti e in sonno del Pd avrebbero preferito Bonaccini, da tempo in corsa, amico del cuore di Zaia e proponente della soi-disant «buona» autonomia differenziata. È bene che sia stato almeno per ora fermato.
Letta ci ha consegnato molti propositi e buoni sentimenti, ma non senza debolezze e silenzi. Il primo, fragoroso, sul Mezzogiorno in rapporto al Recovery Plan. Puntare sulla “locomotiva del Nord” – come presumibilmente vorrebbe Giavazzi, neo-consigliere economico di Draghi – o a ridurre il divario Nord-Sud è questione sulla quale si gioca in larga misura il superamento della crisi e delle devastanti diseguaglianze ampiamente citate da Letta. Eppure, dice solo che il paese deve crescere, e «il Mezzogiorno deve crescere di più». Benissimo. Ma come? In qual modo utilizzando le risorse europee?
Troppo poco. Lo stesso vale per il rapporto Stato-Regioni, fonte nella pandemia di inaccettabili cacofonie istituzionali e discriminazioni territoriali. Sono state avanzate proposte di una riscrittura del Titolo V della Costituzione. Letta ci comunica che bisogna rafforzare lo Stato, e rivedere e rilanciare il rapporto con le Regioni. Come? Attraverso la concertazione nelle conferenze come avrebbe voluto il ministro Boccia? Scrivendo nel Titolo V una clausola di supremazia statale, un nuovo riparto delle competenze, o entrambi? E l’autonomia differenziata che fine fa? Davvero non basta.
Richiama lo ius soli e il voto a 16 anni, che certo sa essere temi divisivi. Colpisce, invece, che non menzioni affatto i correttivi del taglio dei parlamentari, determinante per il futuro di cui ha ampiamente parlato. Mentre dedica ampio spazio ai voltagabbana e al trasformismo. È bene che abbia espressamente escluso di metter mano al divieto di mandato imperativo ex art. 67 della Costituzione. A quanto si intende, guarda ai regolamenti parlamentari, per disincentivare il cambio di casacca e il conseguente ingresso nel gruppo misto, “paradiso” per i transfughi.
Non si faccia illusioni. Il fenomeno viene dall’evanescenza dei partiti, incluso il Pd e probabilmente con la sola eccezione della Lega. Sono stati già introdotti limiti nel regolamento del Senato, ma non hanno fermato Renzi, e irrigidire ancora non porterebbe lontano.
Ad esempio, il parlamentare che sceglie di abbandonare il gruppo di appartenenza per cambiare casacca andrebbe distinto da quello forzosamente espulso. In attuazione dell’art. 67 Cost., il secondo non potrebbe essere penalizzato. E allora basterebbe a un aspirante transfuga tenere comportamenti talmente dissonanti con il proprio gruppo da rendere la propria permanenza impossibile. In breve, per non pagare pegno basterebbe farsi espellere piuttosto che uscire volontariamente per cambiare casacca.
Sul punto avrebbe ben maggiore impatto la legge sui partiti politici in attuazione dell’art. 49 Cost., cui Letta dedica una menzione, apprezzabile pur se di poche parole, che non bastano a delineare la cura per la «democrazia malata» cui fa riferimento. Invece è al tal fine inutile la sfiducia costruttiva, tirata fuori dall’armadio dei ricordi, che poco varrebbe a stabilizzare un sistema in cui domina la crisi extra-parlamentare. Per dirne una, non avrebbe impedito le crisi degli ultimi dieci anni da lui richiamate ad esempio del malessere da curare.
Infine, sul sistema elettorale auspica siano messi da parte Porcellum e Rosatellum. Nemmeno una parola sulla vexata quaestio proporzionale o maggioritario, probabilmente gli piace il Mattarellum. Segnaliamo due punti. Il primo, che il proporzionale contribuirebbe a rinsaldare i partiti politici, come anche Letta sembra ritenere opportuno. Il secondo, che il Mattarellum favorirebbe decisivamente il centrodestra, e soprattutto la Lega. Non a caso Salvini ha esplicitamente affermato, tempo addietro, che il ritorno al Mattarellum non gli dispiaceva.
Auguriamo a Letta di riuscire nel compito – davvero difficile – di ricostruire il Pd. Gli consigliamo a tal fine di non stare sereno, ma di arrabbiarsi. Molto.