Per capire meglio la colluttazione in atto nella Commissione affari costituzionali della Camera in tema di soglie di sbarramento e coalizioni bisogna tornare ai fondamentali. Proporzionale o maggioritario? Alcuni – tra cui io – insistono sul ritorno al proporzionale.
Passatisti ultras? Niente affatto. Il maggioritario in qualunque forma – uninominale di collegio o proporzionale con premio di maggioranza – funziona su un principio di base: sovra-rappresentare i soggetti politici vincenti, sotto-rappresentare i perdenti.
È proprio in questo l’incentivo alla cosiddetta governabilità: ai primi più seggi rispetto ai voti, ai secondi meno seggi. Basta guardare al Parlamento eletto con il Porcellum.
Il punto è che il maggioritario trova condizioni ideali di funzionamento – si fa per dire – se esistono due maggiori partiti e poco altro. In un contesto effettivamente bipolare è probabile che i due partiti siano quasi equivalenti nei voti, e che basti un piccolo margine di vantaggio dato dal sistema elettorale per costruire una maggioranza parlamentare, senza distruggere la rappresentatività dell’assemblea.
Il contrario accade in un sistema multipolare. Ad esempio, con tre partiti intorno al 30%, i – relativamente pochi – voti devono tradursi comunque in una maggioranza di seggi. Questo può accadere solo con una forte distorsione della rappresentatività. È il modello dei mega-premi di maggioranza che ha ispirato il Porcellum prima, l’Italicum poi, e ora anche il Consultellum Camera.
Il maggioritario per antonomasia – quello britannico – ha funzionato in maniera ritenuta accettabile da osservatori e studiosi fino a quando i due maggiori partiti hanno totalizzato gran parte dei voti espressi. Nell’immediato dopoguerra, giungevano intorno al 90%. La crisi è venuta quando il sistema politico non è stato più effettivamente bipolare. E si è giunti da ultimo alle esperienze di coalizioni necessarie, e persino precarie come quella in atto.
Esiste una interazione comunque ineliminabile tra sistema dei partiti e sistema elettorale. In una situazione multipolare l’incentivo maggioritario o non è sufficiente a garantire una maggioranza di seggi parlamentari e rimane dunque inutile, o raggiunge tale obiettivo negando la rappresentatività dell’assemblea elettiva e la sua aderenza rispetto al paese. Un esito politicamente e costituzionalmente inaccettabile. Inoltre, può paradossalmente produrre frammentazione, favorendo la nascita di mini-partiti, che pur con pochi voti siano determinanti per una coalizione nel vincere un collegio uninominale o conseguire un premio di maggioranza. È già successo con il Mattarellum e il Porcellum. In specie, quando il sistema politico è frammentato in una serie di potentati locali, legati alle dinamiche del territorio, si rafforza il “cacicchismo”.
Il Rosatellum bis prevede uno sbarramento al 3%, ma consente che i voti di liste tra l’1 e il 3% siano computati per la coalizione. Apparentemente strano: voti sì, seggi no. Ma con sindaci e governatori abbiamo già visto candidature assistite da un codazzo di liste, improbabili e palesemente destinate a non avere un consigliere. In tali casi, il corrispettivo è a parte, magari in qualche consiglio di amministrazione di società partecipata dopo il voto.
Ma chi si fida delle promesse? Ecco perché si collutta in Commissione sul se e come configurare la coalizione e consentire la distribuzione diretta di qualche seggio anche ai soggetti minori. Un obolo a cacicchi, capi e capetti. Può non interessare che questo vada a vantaggio o svantaggio di M5S, Pd, Fi, Mdp, Alfano, Pisapia o altri. Il punto è che favorisce l’ulteriore disfacimento del sistema politico, allontanando ancor più la ricostruzione di soggetti politici solidamente strutturati che oggi mancano. È qui il virus che corrode politica, istituzioni, governabilità.
È un virus che si combatte tornando al proporzionale con soglie di sbarramento ragionevoli ed effettive, alla necessaria ricerca di consensi reali, all’essere quel che dicono i voti ricevuti, in assemblee pienamente rappresentative e non popolate dalle anime morte dei nominati. Si vota, e la politica costruisce il dopo, in Parlamento.
L’Italicum, il Consultellum Camera, il Rosatellum nella versione originaria e nelle modifiche di cui si parla, sono in vario modo la medicina che uccide il malato.
Massimo Villone su Il Manifesto del 6 ottobre