La Costituzione del 1948 esce dall’ impegno collettivo di persone animate da grandi speranze e profondi ideali unite nell’intento di dar vita a un sistema nuovo fondato sui valori di libertà e democrazia che, appena ritrovati , si volevano salvaguardare nel futuro. In una straordinaria stagione ricca di fermenti vitali ogni scoria del cupo passato era lontana, così come ogni artificio antidemocratico di cui si era avvalso il regime : maggioranza truccate, premi per dominare schiacciando gli avversari politici . La partecipazione era l’obiettivo, “la partecipazione di tutti” come dice l’art.3. Nello “spirito del 1948” non poteva esserci che un sistema elettorale proporzionale, come risulta dall’intera Costituzione che quello spirito esprime e la Relazione di Meuccio Ruini ben riflette : “la sovranità spetta tutta al popolo che è l’organo essenziale della nuova costituzione….l’elemento decisivo, che dice sempre la prima e l’ultima parola.” Il fulcro dell’organizzazione costituzionale è nel Parlamento “che non è sovrano di per se stesso; ma è l’organo di più immediata derivazione dal popolo”. Un obiettivo, la partecipazione, che trova precisa conferma nell’art.49 : i cittadini, “Tutti i cittadini” -precisa la norma – hanno il diritto associarsi in partiti “per concorrere con metodo democratico alla determinazione della politica nazionale” .Nessuno escluso.
Il modello dei Costituenti, sottolineava Livio Paladin, è quello delle «democrazie di stampo liberale e dunque pluralistico che vuole temperare il principio maggioritario sia attraverso la rigidità della Costituzione e il controllo di costituzionalità sulle leggi, sia garantendo le libertà fondamentali, a cominciare dalla libertà di associazione e di manifestazione del pensiero”. Le minoranze sono l’essenza del costituzionalismo liberale e sulla possibilità di far sentire la loro voce sono basati gli istituti giuridici posti a tutela dei diritti costituzionali , dai diritti di libertà ai diritti sociali. Per garantirli le Costituzioni esigono che la loro disciplina sia riservata alla legge, approvata dal Parlamento dove sono presenti ed hanno voce anche le minoranze,escludendo le fonti del Governo dove è presente la maggioranza sola.
La distorsione della rappresentanza- dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale – alterando la composizione delle Camere si ripercuote pesantemente sulla vita dei cittadini: in assenza di voci in grado di difenderli i diritti sono gravemente incisi, il pensiero minoritario sacrificato.
Secondo “ la definizione minima” di Norberto Bobbio per “regime democratico s’intende primariamente un insieme di regole di procedura per la formazione di decisioni collettive, in cui è prevista e facilitata la partecipazione più ampia possibile degli interessati”.
Durante i lavori della Commissione dei 75 , il grande costituzionalista Costantino Mortati (Seconda Sottocommissione,7 novembre1946) propose di inserire in Costituzione il principio della rappresentanza proporzionale “ perché costituisce un freno allo strapotere della maggioranza ed influisce anche, in senso positivo alla stabilità governativa”. Prevalse invece l’idea di lasciare la materia elettorale alla legge ordinaria ,perciò quando se ne discusse in Aula non passò l’emendamento presentato dall’on. Giolitti (23 settembre 1947)che però -è fondamentale ricordarlo- trasformato in ordine del giorno venne approvato: “l’Assemblea Costituente ritiene che l’elezione alla Camera dei Deputati debba avvenire secondo il sistema proporzionale”. Non si può dunque affermare , come di recente Fusaro, che la Costituzione “Nulla dice… su come trasformare i voti in seggi. Nulla. Ma proprio nulla di nulla “. Se la Costituzione non codifica espressamente il principio della rappresentanza proporzionale, lo dà però per implicito e nel suo impianto complessivo e in precise disposizioni. Nell’articolo 72 – le Commissioni in sede legislativa devono essere composte “in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari” ; nell’articolo 82 – ciascuna Camera, esercitando potere parlamentare d’inchiesta, nomina “fra i propri componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione fra i vari gruppi”- ; nell’art. 83 – all’elezione del presidente della Repubblica “partecipano tre delegati per ogni Regione, eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze”. Un sicuro “plurale” che non ha nulla di generico.
Soffocate le minoranza, a nulla vale la rigidità della Costituzione .A tutelarla non bastano le garanzie giuridiche che, se non sono accompagnate da garanzie politiche risultano insufficienti. Una maggioranza artificialmente creata non trova più i limiti politici consueti in democrazia; le altre forze , ridotte all’irrilevanza, non sono in grado di svolgere un’opposizione efficace.
Intervento di Lorenza Carlassarre al convegno del 2 ottobre alla Camera dei Deputati