Un decreto legge per superare, già in occasione dell’imminente referendum costituzionale, gli ostacoli che oggettivamente compromettono il diritto dei cittadini a partecipare attivamente alla vita pubblica. E’ la richiesta avanzata in una lettera congiunta al presidente Renzi e ai ministri dell’Interno e delle Riforme, Angelino Alfano e Maria Elena Boschi, dal “Comitato per il No nella riforma costituzionale”, “Comitato per l’abrogazione di due norme dell’Italicum” e “Comitato per la libertà di voto”, promotori di campagne referendarie in corso. Un’iniziativa che nasce dai problemi insormontabili che i Comitati stanno riscontrando nelle rispettive raccolte delle firme.

Tra le principali questioni poste dai firmatari Alessandro Pace e Alfiero Grandi, del Comitato per il no, Riccardo Magi e Mario Staderini del Comitato per la libertà di voto e Massimo Villone del “Comitato per l’abrogazione di due norme dell’Italicum”, quella dell’autenticazione delle firme: “l’onere di raccogliere le sottoscrizioni in presenza di un autenticatore che rivesta l’incarico di pubblico ufficiale, in assenza di un adeguato servizio pubblico di autenticazione da parte dello Stato, rende di per sé la raccolta delle 500 mila firme proibitiva per i promotori che non dispongano di una propria rete di consiglieri comunali e provinciali”, si legge nella lettera. “Laddove si rendano disponibili i cancellieri dei tribunali, qualunque Comitato promotore deve farsi carico di un costo di norma pari a 25 euro l’ora per garantirsi il servizio di autenticazione”, considerando una media di 20 firme l’ora, “i promotori dovrebbero sobbarcarsi una spesa di oltre 600 mila euro”.

“La legge n.352/1970 contiene una serie di procedure ingiustamente restrittive, arbitrarie e irragionevoli, rispetto alle quali lo Stato italiano, come noto, è già sotto giudizio dinanzi al Comitato diritti umani dell’ONU per violazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Per queste ragioni – spiegano i firmatari – si rende indispensabile l’immediato aggiornamento della normativa risalente a 46 anni fa e il superamento delle procedure sopra descritte, anche utilizzando atti d’urgenza”, considerando la scadenza del 14 luglio per la consegna delle firme sul referendum costituzionale.

Rispetto alla raccolta delle firme “Se l’obiettivo naturale, in prospettiva, è quello di consentire la sottoscrizione on-line”,scrivono i Comitati, “sin d’ora si potrebbe e dovrebbe consentire ai Comitati promotori di indicare loro stessi le persone delegate all’autenticazione delle firme sotto la propria responsabilità, comunicando preventivamente i nominativi all’istituzione prestabilita”, un “sistema, già largamente diffuso negli Stati democratici che utilizzano strumenti di democrazia diretta”, “di recente adottato dalla Repubblica di San Marino proprio a seguito di referendum popolare”.

I firmatari chiedono inoltre che sia consentito l’utilizzo della Pec sia per l’invio e il ritiro dei moduli che per la richiesta e ritiro dei certificati elettorali “nonché la loro consegna collettiva all’Ufficio centrale per il referendum in formato digitale”.

Per quanto riguarda invece il nodo dell’informazione, denunciano “l’assoluta inadeguatezza in materia di referendum della normativa esistente, ivi compresa la legge n 28/2000. Anche in questo caso, un intervento normativo che coinvolga il Parlamento si rende necessario al fine di far rientrare il nostro Paese all’interno degli standard democratici internazionali, ivi compreso quanto contenuto nel citato “Codice di buona condotta sui referendum”.

“Comitati – conclude la lettera – sono convinti che sia fondamentale assicurare che la procedura che porterà al voto garantisca effettivamente i diritti riconosciuti ai cittadini dalla Costituzione e dai trattati internazionali”.

LETTERA INVIATA AL GOVERNO SCARICA