Un decreto pericoloso e incostituzionale
Il manifesto.it del 3 novembre 2022
Con il decreto legge n. 162 del 31 ottobre, che ha per oggetto una serie di materie disomogenee, è stata introdotto il nuovo reato di “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”, per il quale sono previste pene durissime da tre a sei anni di reclusione e multe da 1.000 a 10.000 euro, oltre alla confisca dei mezzi e delle attrezzature impiegate nell’organizzazione degli eventi.
Per il nuovo art. 434 bis del codice penale: “L’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.”
Secondo l’art. 77 della Costituzione il Governo può adottare provvedimenti provvisori con la forza di legge solo “in casi straordinari di necessità ed urgenza”. In questo caso il ricorso al decreto legge è macroscopicamente ingiustificato, sia perché non esiste una emergenza di sicurezza causata dallo svolgimento di qualche “rave party”, sia perché non c’è nessun vuoto normativo da riempire in quanto l’ordinamento conosce già il reato di invasione di terreni o edifici, prevedendo la procedibilità d’ufficio e la pena della reclusione da 2 a 4 anni se il fatto è commesso da più di 5 persone (art. 633 c.p.).
E’ bene chiarire che la nuova fattispecie non si applica solo ai Rave Party, ma a tutti i casi in cui vi sia un raduno di più di 50 persone su aree private o pubbliche. Un picchetto di operai in sciopero che si radunano nel piazzale dinanzi ad una fabbrica può cadere sotto la scure del nuovo art. 434 bis perché per integrare il reato è sufficiente un pericolo “astratto”. In questo modo si realizza una forma di criminalizzazione di tutte le manifestazioni di protesta che normalmente si realizzano mediante il raduno di più persone in luoghi pubblici o privati, in aperta collisione con l’art. 17 della Costituzione che garantisce la libertà dei cittadini di riunirsi pacificamente e senz’armi.
La cosa più grave è che, di fronte al crescente disagio sociale, si progetta una risposta autoritaria in termini di repressione delle prevedibili manifestazioni di protesta che fa virare l’ordinamento verso uno Stato di polizia.
Il Coordinamento partecipa alla mobilitazione di enti ed associazioni e personalità della cultura per respingere questa insidiosa manovra di restrizione delle libertà costituzionali.
Ci aspetta una lunga stagione di resistenza costituzionale.
***La presidenza del Coordinamento per la democrazia costituzionale