La transizione ecologica è una questione di democrazia
Di Alfiero Grandi
Tre associazioni hanno deciso di sfidare il governo ad essere coerente con le affermazioni di Draghi alle Camere sulla transizione ecologica al momento dell’insediamento. L’impressione è che possa esserci una svolta nelle scelte del governo, ma è tutto da verificare se ci sarà.
Il governo precedente aveva costruito un Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) essenzialmente sulla raccolta dei progetti già esistenti in materia di energia, di ambiente, di innovazione, sembrava restare solo il problema di ridurre i progetti per fare bastare le risorse.
Era stata immaginata una struttura “extracorporea” rispetto alle istituzioni (governo, parlamento, regioni, comuni) per decidere i progetti e loro attuazione, nulla era previsto per ascoltare le proposte della società, delle associazioni, degli esperti per costruire scelte condivise.
Infine, più di un terzo delle risorse messe a disposizione dall’Europa venivano destinate a sostituire spese già decise e finanziate dal bilancio dello Stato, riducendo di molto l’impatto potenziale dei fondi straordinari per rimettere in moto l’occupazione, per la ricerca e gli investimenti.
Non sappiamo ancora fin dove il nuovo governo seguirà le orme precedenti, né quanto cambierà, lo capiremo quando a fine aprile Draghi presenterà in parlamento le proposte del governo.
Per questo il documento sulla transizione ecologica preparato dal Coordinamento per la democrazia costituzionale, dall’associazione Laudato Sii e dai giovani di Nostra avanza proposte prima che il governo abbia deciso, con l’intenzione di insistere anche dopo. È questione di democrazia.
Il problema di fondo è introdurre nel sistema economico e sociale italiano una forte accelerazione di ricerca e innovazione sulla transizione dall’uso dell’energia fossile a quella da fonti rinnovabili, la cui estensione in Italia da tempo ha rallentato, dopo buoni risultati, proprio quando doveva accelerare. Occorre un’estensione non solo del fotovoltaico, ma il ricorso massiccio all’eolico offshore per il quale l’Italia ha tecnologie e competenze, finora usate all’estero, con la predisposizione di sistemi di accumulo che ne accrescano le potenzialità.
Nè si comprende perchè questa scelta dovrebbe essere fatta a singhiozzo, nell’Adriatico si, nel Tirreno no, se non per la resistenza conservatrice dei gruppi energetici che in realtà non credono alle alternative e preferiscono continuare con l’uso del fossile. Certo si rendono conto che il carbone è a capolinea, ma tentano di mantenere l’uso del gas fossile per produrre energia elettrica in grandi impianti centralizzati.
Una combinazione tra eolico off shore, fotovoltaico, idrogeno prodotto con energia verde, accumulazione massiccia per coprire gli eccessi di domanda di erogazione potrebbero consentire di cambiare a fondo l’economia italiana e di riconvertire aziende energivore che hanno per decenni messo in contrasto ambiente e lavoro, che hanno prodotto inquinamento nocivo per la salute e l’ambiente, insieme a disoccupazione.
Un grande sogno da realizzare: rendere coerente il rispetto e il risanamento dell’ambiente, a partire dall’atmosfera, fino a coinvolgere la biosfera, con la creazione di innovazione, di ricerca e di posti di lavoro di qualità, realizzando la trasformazione dell’Italia.
Questo per lasciare alle future generazioni un mondo migliore di quello che abbiamo trovato. E’ una scelta coraggiosa che parla del futuro dell’Italia.
C’è una resistenza sorda contro cui battersi. Da settori imprenditoriali e finanziari vengono proposte vecchie e pericolose. Non si taglia l’emissione di CO2 per fare un favore all’Europa, ma per noi stessi, la nostra vita, la sua qualità.
È sbagliato guardare al Pnrr come alla diligenza da svaligiare per continuare i propri affari, per giustificare le proprie scelte aziendali.
I fondi europei per l’Italia devono essere indirizzati al futuro. Per questo non può esserci simpatia per il rilancio del nucleare da fissione che una forte lobby guidata dalla Francia vorrebbe fare passare come energia rinnovabile per ottenere i fondi europei. L’Italia in sede europea deve dichiararsi contro il nucleare da fissione, tanto più per produrre idrogeno, costa meno farlo con il fotovoltaico e l’eolico. Le dichiarazioni rassicuranti di uffici studi compiacenti sui depositi di scorie sono funzionali a negare che il nucleare non solo è una tecnologia a rischio catastrofico, ma è un percorso senza uscita, dato che nessun paese finora ha risolto il problema del confinamento delle scorie nucleari.
Il 17 aprile chiederemo ai diversi soggetti istituzionali, politici, scoiali di pronunciarsi attraverso un webinar sulle proposte del documento comune già disponibile sui siti.