È passata sotto silenzio una notizia di grande importanza data da Terna, società pubblica che gestisce la rete elettrica italiana. La notizia è che le richieste di allaccio alla rete nazionale di nuovi impianti di eolico galleggiante in mare sono pari a 95 GW, resi possibili dall’evoluzione tecnologica. Queste sole richieste permetterebbero di realizzare più dei 70 GW di nuova capacità rinnovabile necessari per realizzare gli obiettivi previsti dal nuovo pacchetto legislativo europeo (Fit for 55) entro il 2030.
Inoltre, le richieste sono per l’80 % nel Mezzogiorno e possono garantire approvvigionamento elettrico anzitutto a quel territorio oltre che al resto del Paese.
Terna ha dichiarato che entro la fine dell’anno completerà l’indicazione delle soluzioni tecniche di connessione per tutte le richieste (finora ne sono state indicate per 22 GW). Potrebbero quindi partire gli investimenti e l’Italia potrebbe arrivare all’obiettivo dei 70 GW prima del 2030, con una consistente autonomia nella produzione elettrica. Le richieste per l’eolico in mare, raddoppiate rispetto al 2021, fanno parte di un totale di 300 GW di fonti rinnovabili potenzialmente allacciabili in rete, di cui circa 100 GW di eolico. In altre parole, la vera miniera dell’Italia è qui, non nella riattivazione delle estrazioni di gas fossile (stimata in 1,5 miliardi di metri cubi in più all’anno). In sostanza, una potenzialità accertata di investimenti per impianti da fonti rinnovabili non si realizzerebbe perché il governo non sta prendendo le decisioni necessarie per farli partire.
Anzitutto, occorre che il governo adotti rapidamente il piano “regolatore” dello spazio marittimo, indicando con chiarezza le aree di mare in cui gli impianti possono essere posizionati, ad una distanza di 25/30 Km dalla costa, come proposto a Civitavecchia, per evitare impatti sul paesaggio, sull’ambiente e sulla vita delle persone
Inoltre, occorre che il governo decida la separazione delle tariffe dell’energia elettrica prodotta da rinnovabili da quella proveniente da fossili. Del resto, ha già deciso che il gas fossile estratto in più andrà a prezzo calmierato alle imprese energivore: perché, allora, non procedere con la differenziazione di prezzo tra fonti rinnovabili e non, peraltro già indicate in ogni bolletta elettrica?
Il governo Meloni, in continuità con il precedente, continua ad inseguire il gas e non vede il potenziale enorme che ha sotto gli occhi per realizzare l’autonomia del nostro paese in materia energetica e così contribuire al contrasto al cambiamento climatico.
Esiste, ovviamente, il problema dell’accumulo di energia per le fasi di intermittente produzione: la soluzione sta sia nell’utilizzare subito le potenzialità dei pompaggi idroelettrici che valgono oltre 7 GW con cui Terna potrebbe garantire continuità di erogazione, sia nel predisporre sistemi innovativi e adeguati di accumulo come nel caso delle batterie, come in altri paesi.
La rapidità nell’approvazione dei progetti di installazione, rispondenti ai criteri del piano dello spazio marittimo, da approvare, e nel rispetto dei vincoli prescritti, con parere favorevole delle regioni e delle comunità locali, va assicurata con un sistema commissariale di approvazione pubblica, che adotti in tempi certi e rapidi le decisioni. La stessa cosa vale per il fotovoltaico, fino ad ora condizionato da ritardi inaccettabili.
I nuovi impianti da rinnovabili vanno non solo legati a un sistema tariffario autonomo, ma proiettati in un sistema tariffario di lungo periodo, che dia certezza di costi al sistema produttivo, ai consumatori e contrasti l’inflazione.
La realizzazione di gran parte di questi investimenti è anche garanzia di poter contare sull’idrogeno solo “verde” come accumulo e vettore dotato di flessibilità.
Da tutto questo deriva la possibilità di sviluppare investimenti e lavoro in settori di avanguardia e, insieme, rinnovare quelli dell’industria di base: basta pensare all’acciaio e al lavoro necessario per produrre, installare e mantenere in attività le nuove strutture energetiche.
Il governo riveda il suo strabismo sulla produzione da fonti fossili: un errore che nel tempo renderà l’Italia sempre meno competitiva, non solo rispetto alla Cina, ma anche rispetto a paesi europei più lungimiranti come Germania, Spagna, Gran-Bretagna, Portogallo, Danimarca.
Per questo occorre approvare prima possibile un nuovo piano energetico e per queste ragioni rinnoviamo la richiesta al Governo di convocare rapidamente una Conferenza Nazionale per individuare attraverso la massima partecipazione le linee di un nuovo piano energetico ambientale.
*** Mario Agostinelli, Alfiero Grandi, Jacopo Ricci, Alex Sorokin