L’autonomia regionale differenziata, voluta con insistenza dalla Lega, è esattamente questo. Con la definizione soft di “attuazione” si cerca di fare passare una vera e propria rottura istituzionale e politica dell’Italia, che finirebbe con il manomettere la nostra Costituzione. Questo tentativo va bloccato. Infatti la Lega, che oggi ha abbandonato la specificazione Nord, cerca di fare passare, mentre vuole presentarsi come un partito a dimensione nazionale, i vecchi obiettivi di quando era Lega Nord, con buona pace degli elettori delle altre regioni letteralmente presi in giro da queste scelte. Non potendo pretendere di modificare la Costituzione facendo della Lombardia, del Veneto e in una certa misura dell’Emilia regioni a statuto speciale come quelle oggi previste dalla Costituzione il “genio” leghista cerca di arrivarci senza dirlo.
Se non è ancora una secessione a tutto tondo è certamente una frattura profonda tra le diverse regioni, con l’ambizione di ottenere più risorse e poteri per Lombardia e Veneto, abbandonando a sé stesso il Sud. Un documento fatto approvare da Zaia in Veneto tradisce che l’ambizione è ottenere che il 90 % delle entrate dello stato resti nella regione, perfino più dei precedenti obiettivi. E’ vero che la riforma della Costituzione del 2001, fatta dal centro sinistra, non è stata una scelta felice. Infatti fu approvata alla fine della legislatura con la speranza di guadagnare voti che per di più non sono mai arrivati, tanto è vero che il centro sinistra perse qualche mese dopo le elezioni. La modifica della Costituzione del 2001 si è rivelata infelice sotto almeno due profili. Il primo è la cosiddetta legislazione concorrente tra stato e regioni che ha creato confusione e che ha finito con l’intasare di ricorsi la Corte costituzionale. Il secondo è appunto l’autonomia differenziata, purtroppo definita in modo che ricorda la pelle di zigrino e viene interpretato dalla Lega come la possibilità, ad esempio, di passare dallo Stato alle regioni i poteri sulla scuola pubblica, cioè poteri tipicamente statali.
Il governo Gentiloni non ha resistito a ripetere, diabolicamente, l’errore del 2001. Infatti proprio quando il governo Gentiloni non aveva più i poteri per farlo, a poche settimane dalle elezioni, ha siglato pre-accordi con Lombardia, Veneto ed Emilia sull’autonomia differenziata. Accordi che avrebbero dovuto portare voti e invece hanno portato di nuovo la sconfitta e per di più hanno regalato alla Lega argomenti per le pretese attuali. Cosa ci fa l’Emilia Romagna in mezzo ai suoni leghisti è poi un mistero non del tutto chiarito. Comunque sia, malgrado gli errori evidenti compiuti, va contrastata con determinazione la proposta di autonomia differenziata che la Lega porta avanti e che lambisce la secessione, rompe l’unitarietà dei diritti fondamentali che dovrebbero essere garantiti ai cittadini italiani, e non solo, in materia di scuola, di sanità, di lavoro, di ambiente, ecc. Questa autonomia differenziata rischia di allargare la distanza tra Nord e Sud nel nostro paese proprio quando dovrebbero esserci politiche regionali per avvicinare il futuro delle diverse aree del nostro paese, per dare slancio ad una ripresa economica che malgrado tante chiacchiere non c’è.
Purtroppo nelle forze politiche la resistenza alle pretese leghiste è poco affidabile. Nella maggioranza ci sono resistenze dei 5 Stelle ma abbiamo già visto altre volte che dopo roboanti dichiarazioni c’è stata la capitolazione, nell’opposizione prevale a destra il tatticismo e a sinistra pesa purtroppo il condizionamento degli errori fatti, un imbarazzo paralizzante. Occorre che sia la società a prendere la guida della resistenza alla disgregazione del nostro paese, abbastanza in sintonia con quanto fa capire il Presidente della Repubblica. Se è vero che diritti e stato sociale sono stati un collante formidabile è evidente che lacerare questo tessuto porterebbe a conseguenze gravi, per certi versi imprevedibili. Fino a qualche mese fa c’era silenzio, complice la tesi dei Ministri leghisti che la materia doveva restare riservata, se non addirittura secretata come certi atti dei giudici, e il parlamento doveva approvare tutto a scatola chiusa, come del resto era già stato costretto a fare con la legge di bilancio 2019. I partiti in parlamentari sembravano attoniti, rassegnati. La fantasia leghista si è sbizzarrita cercando di dipingere gli accordi tra governo e regioni alla stregua di accordi dello stato con le confessioni religiose, quindi inemendabili: il parlamento avrebbe potuto solo prendere o lasciare.
Il lavoro di associazioni, di alcuni intellettuali, di pochi giornalisti ha finito con il portare alla luce la verità di questo furto con destrezza ai danni dell’unità nazionale. Per di più tentata da un partito che si autodefinisce nazionale e sovranista. Anzichè prima gli italiani siamo arrivati rapidamente a prima i veneti o i lombardi, ben sapendo che in realtà non si tratta di tutti i veneti o di tutti i lombardi ma delle classi dirigenti che vogliono più risorse a loro disposizione e più poteri per la loro politica regionale. Si finge di dimenticare che le regioni, in particolare quelle di cui si parla non ha dato grandi prove di comportamenti etici. Non c’è solo la nuova tangentopoli lombarda (in regione, a Lodi) ma va ricordato che Cota, Formigoni, Galan, presidenti delle 3 regioni del Nord, hanno avuto tutti guai più o meno impegnativi con la giustizia. Quindi il problema della corruzione, di comportamenti illeciti è radicato anche – purtroppo – nelle regioni perché la penetrazione della criminalità ha coinvolto settori importanti della politica e dell’economia delle regioni del nord. Contrapporre stato e regioni è un grave errore. Tutti dovrebbero fronteggiare insieme la criminalità e i guasti che sta facendo nel costume e nell’economia, ma non è così. La richiesta di più poteri, forse perché i presidenti delle regioni vogliono meritare il titolo di governatore, è diventata bulimica, senza alcun serio criterio istituzionale. Tutto fa brodo.
Per questo il Ministero dell’Economia ha messo nella partita dell’autonomia differenziata il vincolo dell’invarianza totale dei costi, ne deriva che se qualche regione avrà più risorse, altre ne avranno meno. Questo è la verità nascosta e il risultato di questa manovra, se andrà in porto. I diritti delle persone saranno condizionati dalla targa regionale. Per cercare di evitare le reazioni delle altre regioni ci si è inventati la via di accordi a due tra governo e singole regioni, le altre sapranno la verità quando tutto sarà concluso e non avranno strumenti per intervenire. Quando in passato Confindustria svolgeva un ruolo forte avrebbe fatto sentire che le imprese sono terrorizzate di dover fare i conti con 20 normative diverse su materie di questo rilievo. Se poi dovesse passare anche un qualche potere sul sistema di tassazione avrebbero ragione di essere preoccupate. Dopo la concorrenza fiscale tra stati europei ci manca solo la concorrenza tra regioni.
Non è vero che i referendum regionali hanno creato dei diritti. Già la Corte aveva tolto le unghie ai quesiti di quelle discutibili consultazioni. Non c’è alcun automatismo con quello che sta portando avanti la Ministra Stefani sotto dettatura di Zaia e l’appoggio di Salvini. L’Italia dovrebbe fare di più sistema nel mondo globale, semmai accordarsi più e meglio con il resto dell’Europa. L’idea del fai da te delle piccole regioni italiane porterebbe a non contare nulla e a dover subire tutti i condizionamenti dei poteri finanziari internazionali. Dove sarebbe il vantaggio ?
Veniamo alla scuola, un pilastro dell’unità nazionale. Fino ad un certo punto lo è stato quasi da sola, poi insieme ad altri punti forti di formazione dell’identità nazionale e comunque ha tuttora un ruolo insostituibile come dimostra l’esperienza di altri paesi. Un sistema pubblico di istruzione è un punto forte, non una debolezza, semmai in altri settori come la sanità dovrebbe essere chiarito che ci sono parametri nazionali da rispettare e non possono esserci 20 sanità diverse.
Dopo le elezioni europee è prevedibile che la Lega torni all’attacco. Certo dipenderà anche dai risultati elettorali. Tuttavia occorre preparare fin d’ora una strategia di unificazione delle contrarietà a questa autonomia differenziata a trazione leghista, perché se dovesse passare dopo sarà pressoché impossibile cambiare in tempi brevi, in quanto dopo l’approvazione delle camere e l’entrata in vigore degli eventuali accordi non sarà possibile sottoporli a referendum abrogativo e quindi le modifiche diventeranno possibili se non con l’accordo della regione interessata. Oppure in un quadro di modifiche costituzionali più impegnativo come potrebbe essere il presidenzialismo. Troppi dimenticano che il presidenzialismo è nel programma del centro destra, che Salvini ha fatto di tutto per proporre una sorta di con me o contro di me permanente. Tutto questo tradisce che all’elezione diretta del Presidente ci sta pensando, aspetta solo l’occasione per calare l’asso. Se a qualcuno l’idea di un populismo salviniano non piace è avvertito, meglio che si attrezzi fin da ora partecipando attivamente alla costruzione di un movimento contro questa autonomia differenziata.
Alfiero Grandi