Assemblea nazionale promossa dal Coordinamento per la democrazia costituzionale
Roma 24/3/2018
Appunti introduzione Alfiero Grandi
C’era chi pensava inutile, o quasi, la nostra insistenza sul valore del risultato del No al referendum del 4 dicembre 2016, forse perchè si illudeva che un risultato così forte non potesse essere rimesso in discussione.
In realtà avevamo ragione a non farci illusioni perchè non c’è stata alcuna reale autocritica da parte di chi ha la responsabilità di quell’irresponsabile attacco alla Costituzione, per fortuna respinto. Neppure un tentativo di mettersi sulla lunghezza d’onda del voto. Anzi ad ogni piè sospinto è tornata la conferma della giustezza della deformazione costituzionale, confermando un distacco incredibile dai cittadini perfino dopo la netta sconfitta del Pd e del governo il 4 marzo.
Non solo Renzi ha ribadito la giustezza delle scelte, forse senza rendersi pienamente conto della contraddizione di essere eletto nel Senato che voleva abolire, ma i fallimenti politici sono stati giustificati con il voto del referendum, evidentemente senza percepire il ridicolo di queste affermazioni. Perfino dopo la sconfitta del 4 marzo il Ministro Franceschini non ha trovato di meglio che proporre una fantomatica legislatura costituente, confermando purtroppo un orientamento inaccettabile non solo di Renzi, per di più dimenticando che questa legislatura non ha alcuna legittimità per essere costituente e che in vigenza del 138 attuale le modifiche della Costituzione, come ha ricordato più volte il prof Pace, debbono essere precise e puntuali.
Avevamo ragione a richiamarci al risultato del referendum, a cui abbiamo senza dubbio contribuito in modo importante.
Avevamo ragione a contrastare con tutta la forza disponibile l’approvazione di una nuova legge elettorale sbagliata. Abbiamo raccolto 230.000 firme che abbiamo consegnato ai presidenti delle Camere, ma questo non ha fermato l’approvazione con ben 8 voti di fiducia posti dal governo Gentiloni che all’insediamento aveva promesso che avrebbe lasciato al parlamento, come è giusto, l’approvazione della nuova legge elettorale.
Conoscete le ragioni di fondo della nostra critica al rosatellum, una legge concordata tra Pd, FI, Lega che ha confermato la nomina dall’alto dei parlamentari, tagliando fuori ogni possibilità di scelta da parte degli elettori, imposta da un patto di vertice, che i parlamentari hanno subito, sbagliando, con il ricatto del voto di fiducia. Una legge che attraverso il voto unico ha portato a votare per intere filiere collegate e sconosciute agli elettori, con effetti erratici.
Senza trascurare che nello stesso giorno in due regioni importanti si è votato con voto disgiunto tra presidente e liste e esprimendo fino a due preferenze di genere diverso.
Man mano tanti si sono resi conto del pasticcio rappresentato da questa legge, forzato da un risultato elettorale fondato su insofferenza per chi ha governato e disagio sociale. Il cambiamento provocato dal voto c’è stato, profondo e forte e con una partecipazione al voto importante, facendo saltare gli equilibri precedenti.
Tuttavia ad un esito elettorale che dovrebbe portare ad una riflessione autocritica seria e profonda corrisponde in realtà una discussione inadeguata, incapace di rendersi conto che la rappresentazione di un paese diverso da quello reale non poteva portare ad un risultato elettorale diverso. Da qui il ritorno potente della suggestione di un premio di maggioranza per assicurare con i seggi quello che il voto degli elettori non ha dato, in sostanza garantire che una minoranza diventi maggioranza con artifici elettorali. Questo malanno sembra contagiare anche i partiti che hanno ottenuto i progressi maggiori, addirittura c’è chi pensa di tornare a votare presto per ottenere questo risultato.
Occorre approvare una legge elettorale accettabile che abbia due presupposti: parlamentari scelti dai cittadini e rappresentanza corrispondente sostanzialmente ai voti ottenuti. No al premio di maggioranza.
Un parlamento addomesticato è la precondizione per tornare a mettere le mani sulla Costituzione, giocando sulla contraddizione tra un art 138 pensato per leggi sostanzialmente proporzionali e un’evoluzione verso il maggioritario che consente avventure come quella respinta il 4/12/2018. Sullo sfondo dell’insistenza sul premio di maggioranza c’è l’idea di una deriva presidenzialista, quindi di una modifica radicale dell’assetto costituzionale, oggi fondato sul ruolo del parlamento come architrave del sistema istituzionale.
Eravamo e restiamo contrari a rendere il voto dei cittadini di peso diverso attraverso premi di maggioranza. Del resto i premi di maggioranza non hanno impedito in anni recenti di mettere in crisi maggioranze e governi.
Inoltre per quanto blande ci sono le sentenze della Corte che ricordano a tutti che per avere premi occorre almeno raggiungere esiti elettorali importanti.
L’importanza della legge elettorale oggi non è chiara, avvertita dall’opinione pubblica.
Dobbiamo attrezzarci per una campagna di informazione e orientamento che dica con chiarezza che rischia di rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta con il referendum.
Il risultato elettorale ha certamente portato delusioni. Anche per questo il nostro coordinamento deve più che mai rilanciare il suo ruolo, utilizzando le competenze che tutti ci riconoscono per dare nuovo slancio alle nostre 3 iniziative a sostegno delle 3 leggi di iniziativa popolare.
Del resto avevamo come cdc chiesto di non votare per chi aveva responsabilità prima nel tentativo di deformare la Costituzione poi nell’approvazione con queste modalità e con questi contenuti della legge elettorale e aveva tenuto il paese imballato per oltre due anni in queste avventure, dimostrando incapacità di rispondere alle ansie, ai problemi irrisolti di gran parte del paese insistendo nella presentazione di un quadro ottimistico che faceva a pugni con la realtà. Difficile non cogliere questa consapevolezza anche nel discorso di insediamento del Senato di Giorgio Napolitano.
Altri non sono riusciti ad intercettare i voti in uscita dal Pd che sono andati prevalentemente ai 5 Stelle. La sostanza è che sono stati premiati partiti che hanno cercato di rappresentare il diffuso malessere presente nel nostro paese. Si potrebbe dire paradossalmente che una legge elettorale costruita per una riedizione del Nazareno non è riuscita ad impedire al voto di segnalare con forza un nuovo quadro politico, no risolto ma nuovo. Non è esatto dire che ci sono stati due vincitori. Due partiti hanno aumentato i consensi in modo importante ma non una vittoria netta, del resto in due è difficile e hanno bisogno di apporti, di costruire rapporti, ed è una linea perdente e incomprensibile chiamarsi fuori, facendo prevalere il risentimento di parte per il voto degli elettori.
In questo momento la possibilità di nuove elezioni a breve arriva con raffiche e brusche pause.
A breve o a lungo, dobbiamo riprendere con forza la nostra iniziativa sulla legge elettorale. Dobbiamo preparaci ad ogni evenienza.
Dalla legge elettorale dipende il parlamento e quindi la qualità delle politiche che verranno decise e insieme la possibilità di nuovi attacchi alla Costituzione.
Il nodo economico e sociale è cruciale, la Banca d’Italia ha indicato con chiarezza l’esplosione del dualismo sociale, la centralità irrisolta dell’occupazione e la gravità della diffusione della precarietà, dei bassi salari, di zone di vero e proprio schiavismo.
E’ in questo quadro che si muove la nostra proposta di legge di iniziativa popolare che non vuole modificare la Costituzione ma ripristinare il testo che c’era prima della modifica del 2012, che con un eccesso di zelo nazionale è stata la risposta italiana alla richiesta europea di austerità.
La nostra proposta si basa sui due punti: via l’obbligo del pareggio di bilancio e garanzia del rispetto dei diritti fondamentali senza sottoporli ai vincoli di bilancio.
Del resto appena approvata questa modifica costituzionale è iniziata la richiesta di flessibilità all’Europa, cercando di sottrarsi almeno in parte alla norma, inevitabilmente contrattando da posizioni di debolezza e nell’ambito di un sentiero comunque troppo stretto che costituisce la ragione di fondo di una ripresa frenata come la nostra sotto tutti i punti di vista.
Senza trascurare che questo quadro europeo non regge, prima il documento dei 5 presidenti, poi le proposte della Bce, infine ora l’iniziativa franco tedesca puntano a trovare un nuovo equilibrio, un nuovo assetto istituzionale. L’Italia brilla per assenza di proposte e di peso. E’ inaccettabile. Dobbiamo inserirci nel quadro delle modifiche che si stanno discutendo con un nostro punto di vista. Starne fuori può portare solo guai proprio nel momento in cui l’Europa volente o nolente è costretta a discutere del suo futuro. Dobbiamo contribuire ad avviare una riflessione che aiuti l’Italia a essere protagonista di una riforma del sistema europeo, trattati compresi.
Proprio partendo dall’articolo 81 abbiamo svolto un seminario sugli aspetti economici di grande interesse, ora dobbiamo discutere proposte ed iniziative che riguardano la revisione delle politiche di austerità in Europa.
Ancora una volta la forza delle nostre proposte dipenderà molto dalla capacità di raccogliere le firme necessarie, di presentarle al Senato sulla base del nuovo regolamento, di ottenerne l’esame e quindi di contribuire a riaprire la discussione. Non ci illudiamo sulla possibilità che le nostre proposte vengano approvate ma se faranno parte della discussione il risultato potrà essere migliore.
Aggiungiamo la scuola. So che ci sono osservazioni sulla complessità della proposta di legge. Non servirebbe ignorarle. Tuttavia la questione di fondo è che la scuola è un mondo a noi caro in grande sofferenza. Si sono succedute nel tempo leggi discutibili, il cui coronamento è stata la cosiddetta buona scuola, approvata con arroganza, con il voto di fiducia, sbattendo la porta in faccia al più grande ed unitario movimento della scuola degli ultimi decenni. Aggiungo che purtroppo le firme per il referendum abrogativo sono mancate di poco e anche questo non ha certo migliorato il clima tra gli insegnanti, il personale ausiliario, gli studenti, i genitori.
La Lip può anche risentire di tutto questo ma questo non è l’aspetto decisivo. Bisogna guardare alla sostanza. Il Pd ha pagato un prezzo pesantissimo per le scelte che ha fatto. Noi dobbiamo cercare di aiutare la ricostruzione di un percorso positivo nella scuola senza farci distrarre da aspetti non sono decisivi.
Dobbiamo sostenere questa proposta per ridare una speranza al mondo della scuola.
Infine sulla legge elettorale. Naturalmente come tutte le scelte fanno discutere, tuttavia vorrei rimotivare la scelta della nostra proposta. Abbiamo evitato di presentare una proposta nostra, completamente nuova, per tentare di influire nella situazione, provocando la discussione e ribadendo i nostri capisaldi. Del resto è quello che stanno facendo gli avvocati che stanno mettendo sotto accusa aspetti incostituzionali del rosatellum, noi attraverso la pdl presentiamo direttamente le proposte di modifica. Non ci siamo accontentati di esprimere un punto di vista ma abbiamo l’ambizione di influire nella situazione reale.
Occorre introdurre il voto disgiunto che è la base della negatività della legge, rendere proporzionale il maggioritario uninominale, consentire fino a due preferenze di genere nella parte che è già proporzionale, togliere le liste civetta, introdurre un numero di candidati pari al numero degli eligendi in modo da evitare migrazioni erratiche dei seggi nel territorio nazionale. Il punto centrale è consentire ai cittadini di scegliere chi eleggere, mantenere un assetto proporzionale e affermare un no deciso al premio di maggioranza in qualunque versione compresi i due turni.
La governabilità è un problema da risolvere ma non con premi inaccettabili, invece occorre ristabilire il principio che se il voto non consegna una maggioranza certa si deve cercare un trasparente accordo politico tra forze diverse.
Il punto centrale da risolvere oggi è la credibilità della rappresentanza, il rapporto di fiducia che occorre ristabilire con i cittadini e la legge elettorale deve aiutare la soluzione di questo enorme e decisivo problema.
Non va dimenticato l’impegno che abbiamo preso a sostegno dell’appello dell’Anpi, siamo impegnati a raccogliere le firme.
Siamo nati nel vivo di una battaglia politica di fondo sulla Costituzione, ma potremo continuare il nostro impegno se riusciremo a dimostrare che manteniamo gli impegni che prendiamo. Più che mai c’è bisogno di un protagonismo attivo dei cittadini e noi siamo parte di questo civismo organizzato che vuole farsi sentire, farsi sentire.
Per questo siamo impegnati a raccogliere le firme sulle 3 Lip e sull’appello dell’Anpi.
Il C.d ha preso impegno di chiedere ai suoi componenti un contributo straordinario per ottenere le risorse indispensabili per il sito, per riprendere a lavorare sui social, per sostenere la raccolta delle firme.
Chiederemo un impegno a tutti i nostri interlocutori politici e sociali, lo abbiamo già chiesto, la richiesta di sostegno deve essere diffusa nei territori in corrispondenza all’impegno nazionale del cdc. Le nuove condizioni del quadro politico cambiano in parte tempi e modalità possibili ma dobbiamo trovare le nuove modalità.
Uno slogan contro il Comitato per il No ci ha portato fortuna, ci hanno definiti gufi, ebbene, rovesciando lo slogan, è giunto il momento di chiedere ai gufi di tornare in campo.