In un articolo comparso su la Repubblica del 29 marzo scorso – "Schiavitù, le promesse mancate" – Stefano Rodotà, dopo avere analizzato le forme di vera e propria schiavitù nelle quali è spesso ridotto il lavoro umano e ribadito quindi la centralità dell’articolo 3 della nostra Costituzione, laddove si parla di "pieno sviluppo della persona umana", ha concluso con una riflessione sul ruolo dei "comitati per il No" che vale la pena di riportare per intero:
«Ha colto bene questo punto Susanna Camusso con la decisa opposizione della Cgil ai voucher, alla spersonalizzazione del lavoro, allo scarto così determinato tra retribuzione e persona/lavoro. Ed aveva altrettanto opportunamente proposto un referendum perché, trattandosi di una questione che tocca tutti i cittadini, era giusto che proprio tutti potessero responsabilmente dire la loro. Ma il governo è intervenuto con un decreto che, cancellando i voucher, evita il voto referendario, una via istituzionale che ormai troppi temono, parlando di una rischiosa contrapposizione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, oggi enfatizzata anche per sottrarsi ad un tema istituzionale ormai ineludibile, quello della presenza di un popolo “legislatore”, che ha segnato in modo decisivo le dinamiche politico- istituzionali dell’ultimo periodo.
Tutto questo è avvenuto grazie anche al diffondersi di forme organizzative che, come ha dimostrato l’influenza dei “comitati per il No” nell’opposizione alle modifiche della Costituzione, sottolineano come anche nel nostro sistema possano assumere rilevanza decisiva gruppi o movimenti finalizzati al raggiungimento di un singolo, specifico obiettivo. Aprendo, però, un ulteriore problema: quello del futuro di questi movimenti una volta realizzato l’obiettivo per il quale erano stati costituiti. Problema che in questo momento stanno affrontando proprio i nostri “comitati per il No”.
Considerando come essi abbiano assunto come saldo punto di riferimento il rispetto della Costituzione e dei suoi principi, si può ritenere che una loro coerente proiezione verso il futuro debba tener ferma questa ragione d’origine. Non poche, infatti, sono in questo momento le questioni difficili e controverse proprio nella dimensione costituzionale. Tra queste si possono qui ricordare almeno quelle derivanti dalla frettolosa modifica dell’articolo 81, con i conseguenti vincoli per l’azione pubblica in materia economica. Poiché non è formalmente possibile agire per una modifica referendaria, trattandosi di una norma costituzionale, la riflessione culturale e la progettazione politico- istituzionale dovrebbero mantenere vivo il tema e le questioni di principio che esso solleva, considerando piuttosto il contesto nel quale l’articolo 81 è collocato e agendo sulle norme ordinarie ad esso strettamente collegate in modo da ridurre almeno gli effetti negativi del mutamento. L’azione dei comitati, in definitiva, può concretarsi in una sorta di “accerchiamento” di quell’articolo, confermando anche in questo modo l’efficacia concreta della loro presenza».