Massimo Villone, da il manifesto 10 marzo 2017
La sfiducia individuale a Lotti è archiviata, prima ancora del voto fissato per il 15 marzo. Sappiamo già cosa accadrà. Del resto, di sfiducie individuali ne abbiamo viste parecchie, ma una sola è andata a buon fine con la cacciata del ministro. Accadde con Mancuso, il 19 ottobre del 1995. Per quale ragione la sfiducia individuale sia uno strumento largamente inefficace è una lezione che risale alla prima Repubblica. In un governo di coalizione l’espulsione forzosa da palazzo Chigi di un ministro, esponente di uno dei partiti coalizzati, comporta fatalmente il dissolvimento del patto di governo e la crisi. Fu possibile accompagnare Mancuso alla porta perché il governo Dini al momento in carica era un governo «tecnico», e non c’era una forza politica che facesse argine sul ministro. Inoltre, Mancuso si era messo in un contrasto frontale col premier e la maggioranza, disponendo negli anni ruggenti di Tangentopoli alcune ispezioni sulla procura di Milano che ne era protagonista. Aveva rifiutato di cambiare linea, e poi di dimettersi. Un vero elefante nella cristalleria. Con la sua rimozione, a palazzo Chigi molti tirarono un sospiro di sollievo.
Poteva quello scenario ripetersi con Lotti? Ovviamente no. Un governo clone voluto da Renzi non avrebbe mai potuto accettare l’espulsione del braccio destro dello stesso Renzi, né Gentiloni avrebbe mai potuto chiedere a Lotti le dimissioni. E il diverso trattamento in passato di altri esponenti di governo si spiega considerando che nel caso Lotti vediamo tutta la logica di clan portata da Renzi a palazzo Chigi. I fedelissimi non si toccano. Quindi restava solo la prova muscolare della conta dei numeri. La mozione M5S è destinata a fallire, e tuttavia ci dice qualcosa di interessante. Forza Italia si è chiamata fuori con lo specioso argomento del garantismo. Che però ha a che fare con la vicenda giuridica, mentre la sfiducia e le dimissioni conseguenti si mantengono sul piano delle responsabilità politiche. Si può benissimo essere garantisti e chiedere la testa di un ministro in parlamento. Ma Parigi val bene una messa, Lotti no. E la scelta di Fi è stata giustamente letta come parte della strategia di ammiccamenti verso il Pd. Non si sa mai. Per Forza Italia tutto sommato un remake di vecchi film.
Invece, si poneva all’attenzione la scelta sulla sfiducia di Mdp, che parlava in due direzioni: verso il Pd, e verso il mondo a sinistra del Pd e di Mdp. In entrambe, la mossa è stata debole. Anzitutto nella motivazione di non voler contraddire l’appoggio dichiarato a Gentiloni fino alla fine della legislatura. Nessuna contraddizione: si poteva presentare il voto favorevole alla sfiducia individuale come condizione per il perdurante appoggio al governo. Quanto al non voler votare al traino di M5S, bastava argomentare che Mdp non ha in senato i numeri per presentare una propria mozione. Il sì alla sfiducia avrebbe avuto il senso di una netta presa di distanza rispetto al renzismo. E questo messaggio sarebbe stato importante per la sinistra frammentata e sparsa. Verso il Pd, con una strategia di appeasement Mdp non andrebbe lontano. La sfiducia individuale M5S è solo una scaramuccia, ai margini del vero grande problema di rinnovare dalle fondamenta la politica, i partiti, le istituzioni. Non saranno le primarie Pd a produrre o favorire questo risultato. Sui referendum Cgil il governo si prepara a una sforbiciata legislativa. Tutto, purché non torni in campo il pericoloso popolo sovrano. Rimane decisiva una buona legge elettorale, che non inventi maggioranze artificiosamente gonfiate da premi, e garantisca invece assemblee ampiamente rappresentative e legittimate da un voto davvero libero ed eguale. Dopo la deludente sentenza della Consulta 35/2017, i primi passi in parlamento non sono incoraggianti. Per questo, il movimento civico dei comitati per il referendum del 4 dicembre ha avviato la raccolta delle firme su una petizione popolare a sostegno della legge elettorale di cui il paese ha bisogno. La sorte di Lotti non ci emoziona. Ma vogliamo ripulire i palazzi del potere dell’impasto fangoso tra politica e affari che li ha ricoperti. Per questo bisogna fare molto di più di una sfiducia individuale. I faccendieri non vogliamo solo cacciarli. Vogliamo proprio impedire che mettano piede in casa nostra.